XIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Letture: 2Re 4,8-11.14-16 / Sal 88 / Rm 6,3-4.8-11 / Mt 10,37-42


SOLO UN BICCHIERE


Vola alto il Maestro Gesù questa domenica! Davanti ad una pagina di Vangelo come quella che  la liturgia ci propone proviamo spontaneamente un certo imbarazzo. Ed è perfettamente inutile non riconoscere il problema: ciò che Gesù ci chiede di vivere appare distante anni luce dalla nostra realtà! Il Signore chiede di essere messo al primo posto, senza esitazioni, senza tentennamenti: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me» (Mt 10,37-?). Ma è davvero possibile concretizzare questa radicalità? Non starà un po' esagerando il nostro amato Rabbì di Nazaret?!


Non accogliere 

Cosa vuole dire Gesù con queste affermazioni forti e lapidarie? Sarebbe pericoloso intenderle come una svalutazione della famiglia, realtà già tanto in crisi nella nostra contemporaneità. Andremmo fuori strada anche se comprendessimo l'invito alla croce e a perdere la vita come un inno alla sofferenza e alla mortificazione volontaria. No, il senso profondo di questi detti di Gesù va cercato in un altra direzione! Il Maestro si accorge che in noi esiste una tragica possibilità: essere discepoli che lo amano, lo invocano, ma non sono capaci di accogliere in lui la presenza piena e definitiva del Dio vivente. Se i genitori, i figli, la cura della propria vita, il tentativo di evitare la nostra croce quotidiana sono le priorità dei nostri giorni, Dio resta inevitabilmente confinato al secondo posto. Per questo il maestro si permette di usare un tono netto e deciso, perché se non stiamo accogliendo la sua persona come la persona stessa di Dio, siamo abbastanza nei guai! Stiamo rinunciando alla cosa più importante, origine e destino della nostra vita. Il Signore Gesù – avendoci creato liberi – non pretende di essere amato, pretende però di essere amato più di ogni altra cosa. Ci sembra eccessiva una richiesta simile da parte di Dio?

Accogliere

Il Vangelo suggerisce una logica per andare incontro alle esigenze rivendicate dal Maestro: accogliere, affinché la nostra vita diventi veramente ricca e feconda. La vita non è il risultato dei nostri sforzi, ma un dono da ricevere, custodire, trasmettere. Così anche la salvezza che Dio ci dona nel Cristo suo Figlio non è il premio per chi si dimostra «degno» di riceverlo, ma una gratuita misericordia che si può solo accogliere e, quindi, donare agli altri. Accogliere è un atteggiamento importante per ogni uomo, ma per noi cristiani assume un significato straordinario, perché Dio ha deciso di coinvolgersi nella nostra storia fino a diventarne il personaggio principale. Illuminati dalla rivelazione, noi crediamo di essere chiamati ad accogliere Dio stesso nello spazio della nostra libertà. Sì, noi possiamo ospitare Dio! Purtroppo e per fortuna ciò avviene non avviene in una forma diretta e una volta per sempre. Dio ci dona il tempo e le mediazioni per costruire con lui una relazione sempre più autentica e profonda. Il tempo della nostra esistenza in questo mondo ci è donato per diventare capaci di accogliere Dio nella nostra vita.


Mediazioni

Le mediazioni con cui Dio ama rendersi presenti sono tante: la nostra umanità, che ha voluto assumere come sua dimora, le Scritture Sante, i sacramenti, la vita del mondo. È nelle piccole cose di tutti i giorni che ci giochiamo il nostro destino, la nostra felicità, la nostra vita eterna. Lo Spirito Santo ci insegna a saper riconoscere nelle pieghe del quotidiano le infinite occasioni che abbiamo per accogliere la presenza di Dio nella nostra vita. Come ha fatto la donna «facoltosa» (2Re 4,8), che ha saputo riconoscere nella persona di Eliseo «un uomo di Dio, un santo» (4,9) e non ha indugiato nel preparargli «una piccola camera», «un letto, un tavolo, una sedia e una lampada» (4,10). Attraverso questi gesti di accogliente amore, la potenza di Dio entra nella casa della sterile anziana, facendola diventare una donna feconda, capace di tenere «in braccio un figlio» (4,16). Anche San Paolo nella seconda lettura ci ricorda che proprio attraverso gesti e segni la nostra vita entra in una specialissima relazione con la vita di Dio: «O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella mote, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,3-4). Ma perché siamo diventati così complicati da non riuscire più a credere che Dio si possa racchiudere e offrire nel volto di una persona, nel raggio di sole di un tramonto, nel pane spezzato sull'altare, nella penombra di un confessionale, in una pagina difficile e bellissima della Bibbia?!


Mediatori

Si spinge oltre il Signore Gesù, rivelandoci che nella misura in cui lo accogliamo nella nostra vita, noi diventiamo sacramento della sua presenza nel mondo: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato» (Mt 10,40). Possono risuonare troppo immense e metaforiche queste parole, ma dicono una semplice realtà: quando noi accogliamo qualcuno, noi riceviamo una vita che trasforma la nostra vita. Esempi? Il matrimonio, la nascita di un figlio, l'assunzione di un impegno lavorativo: tutte cose che sconvolgono la nostra esistenza, perché vi aggiungono 'altro' da noi. Ecco perché quando diamo a qualcuno la possibilità di accoglierci, noi gli diamo la possibilità di incontrare quel Dio che, nel suo amore, ha accolto anzitutto noi. Ci vuole poco, conclude il Maestro, per accogliere e farsi accogliere: «solo un bicchiere d'acqua» (10,42). Un bicchiere d'acqua può salvare la vita umana, sempre assetata di amore e di riconoscimento. È un gesto piccolo, che porta con sé una misteriosa quintessenza di carità. In un mondo pieno di bevande di ogni gusto e colore, forse un bicchiere d'acqua è anche la misura sobria e giusta da ritrovare per ridare verità alle relazioni che stiamo costruendo. Non abbiamo bisogno di molto altro per mettere Dio al primo posto e vivere in pace: giocare, anziché perdere, la nostra vita nei «piccoli» (10,42) bicchieri d'acqua di ogni giorno! 


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