Santissimo Corpo e Sangue di Cristo – Anno A

Letture: Dt 8,2-3.14-16 / Sal 147 / 1Cor 10,16-17 / Gv 6,51-58


UNICO DONO



Oggi celebriamo una festa che ci riconduce all’essenziale della nostra fede: la solennità del Corpo e Sangue di Gesù Cristo nostro Signore, il sacramento che esprime l’immenso amore di Dio per l’umanità. È una festa bellissima: potremmo chiamarla la festa della Messa, quel rito povero, semplice e immenso che ogni domenica ci immette in una comunione misteriosa e profonda con Dio e con i fratelli. L'eucaristia è il sacramento nel quale il Signore ha voluto rimanere presente nella Chiesa e nel mondo, fino al suo ritorno. Milioni di persone, in questi primi duemila anni di storia cristiana, hanno riconosciuto il Risorto nel segno del Pane e del Vino offerti con fede sull'altare. Ma è anche un segno difficile da accogliere e da interiorizzare. Per molte persone andare a Messa è l'unica tenue appartenenza all'esperienza cristiana e alla Chiesa. Tante volte noi preti celebriamo l'eucaristia distrattamente, senza amore e senza cuore. In diverse comunità cristiane non si respira affatto né gioia né unità quando si è raccolti attorno all'altare nel giorno del Signore. Accogliamo dunque l'occasione di questa solennità del Corpus Domini per rimettere a fuoco questo cuore pulsante della Chiesa che è l'eucaristia. Le letture proposte dalla liturgia ci aiutano, come sempre, ad entrare coraggiosamente dentro il mistero.


Un solo viaggio

«Ricordati» (Dt 8,2), non «dimenticare» (8,14) dice Mosè al popolo. L'eucaristia è anzitutto risurrezione della memoria. La domenica, attorno all'altare, noi ricordiamo insieme una realtà semplice e drammatica: che la nostra vita è un viaggio, splendido e faticoso. Molte cose sono utili in questo viaggio; una sola necessaria: sapere verso dove stiamo andando, conoscere l'orizzonte in cui riposeranno i nostri passi. L'eucaristia che offriamo e riceviamo è il dono che ci aiuta a non dimenticare la nostra debolezza, quella che Dio ha voluto assumere senza paura né ripensamenti. Accostandoci all'altare ogni domenica noi ci ricordiamo che siamo briciole di vita sparse nel mondo e che Dio si è fatto briciola di pane per farci comprendere che, nel breve viaggio in questo mondo, siamo accuditi con premura e amore. Mentre attraversiamo «questo deserto grande e spaventoso» (8,15) che è la vita, Dio provvede a noi con amore fedele, donandoci quello che ci serve ma soprattutto i segni del suo amore, perché non possiamo vivere «soltanto di pane» (8,3). L'eucaristia è una terapia contro l'oblio della memoria: ci ricorda che siamo figli in cammino verso una Terra promessa, promessa da Dio nostro padre e che che l'amore non è il diritto e la possibilità di qualcuno, ma il destino di tutti. Questa è la prima memoria che l'eucaristia riattiva in noi ogni volta che vi partecipiamo: Dio ci ama a tal punto da nutrirci con il uso amore.


Un solo corpo

Le parole dell'apostolo Paolo rivelano un secondo importante significato che il Corpo e il Sangue del Signore vogliono esprimere. L'eucaristia è segno di comunione. Anzitutto con Dio: «Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?» (1Cor 10,16). Ma la comunione deve poi trasformarsi in legami di amore e di fraternità fra di noi: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane» (10,17). Ci sono infatti due epiclesi (invocazioni dello Spirito, nda) durante la preghiera di consacrazione della Messa. Nella prima il sacerdote chiede allo Spirito Santo di scendere sui doni che sono sull'altare. Poi il sacerdote implora lo Spirito di di scendere su tutta l'assemblea che ha offerto questi doni insieme alla propria vita: «Per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo» (preghiera eucaristica II). La stessa forza di unità che lega il pane e il vino alla vita di Dio intende agire su di noi per farci diventare visibile manifestazione di quella comunione d'amore che esiste in Dio stesso e che Gesù ci ha raccontato con la sua vita e i suoi insegnamenti. Non possiamo dunque conservare divisioni, gelosie e rancori e illuderci di entrare in una comunione con il Dio amore. Questa è la seconda memoria che l'eucaristia ci aiuta a fare: siamo amati così tanto da poterci amare scambievolmente, nella pace.


Una sola vita

Sono però le parole di Gesù ad illuminare fino in fondo il dono e il significato dell'eucaristia: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (Gv 6,53-55). Gesù dice: voi dovete davvero mangiarmi, cioè assimilare il mio modo di vivere, la libertà del mio vangelo, il respiro grande della mia visione del mondo e delle cose, la mia sete di giustizia e di verità. Queste parole non sono da riferirsi immediatamente e solamente alla possibilità di ricevere la comunione durante la Messa, ma hanno un significato più ampio. Rappresentano l'invito ad entrare in una comprensione e un'assimilazione profonda del mistero della vita divina, che si è resa pienamente accessibile nell'umanità di Cristo. È un compito enorme, attraverso cui siamo chiamati ad assumere la responsabilità di poter capire chi è Dio e, liberamente, scegliere di diventare come Egli è. Questo è il senso autentico dell'eucaristia, del fare la comunione durante la Messa. Noi prendiamo il pane consacrato per lasciarci assimilare da Dio nella sua stessa vita, nel suo stesso impeto di amore e di donazione. È una scelta forte: significa aderire al suo stile di vita e alla logica povera e mite della croce. Per questo l'eucaristia rappresenta il culmine (cf Lumen Gentium) della vita della Chiesa, il punto di arrivo di un cammino di amicizia e di conoscenza del Maestro Gesù. Non possiamo tenere rancori e odi nel cuore e sperare che la comunione ci sollevi l'anima, perché il Signore Gesù ci ha insegnato a perdonare sempre nel Vangelo. L'accoglienza dell'eucaristia suscita in noi un secondo grande effetto: «Come il padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (6,57). Ricevendo il Corpo e il Sangue del Signore noi ri-cominciamo sempre a vivere per lui. Non più per noi stessi, ma per lui che è morto e risorto per noi: ecco perché diciamo che l'eucaristia è la fonte (cf Lumen Gentium) della vita cristiana. Quando noi assimiliamo il dono e il valore dell'eucaristia noi comprendiamo che Dio ci dona la sua vita, cioè la perde per noi. Allora cominciamo a fare anche noi lo stesso verso gli altri: perdiamo la nostra vita per i fratelli, per la famiglia, per la chiesa, per il prossimo che incontriamo lungo la strada. Si tratta evidentemente di un cammino di amore graduale ed esigente, nel quale l'eucaristia diventa il potente farmaco che vuole espungere dal nostro cuore il veleno della paura e dell'egoismo che inibisce e paralizza i nostri passi. Celebrando senza paura e senza superficialità questo meraviglioso dono che è l'eucaristia, la nostra vita comincia, già in questo mondo, a diventare eterna, perché acquista e perfeziona la sua somiglianza con la vita stessa di Dio. Wow!


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