Santissima Trinità – Anno A

Letture: Es 34,4b-6.8-9 / Dn 3 / 2Cor 13,11-13 / Gv 3,16-18


TANTO AMORE



In questa domenica la Chiesa si concede un azzardo impegnativo ed affascinante, quasi un divino lusso. Oggi non ricordiamo un evento della storia di salvezza come facciamo in altre grandi solennità dell'anno liturgico. Celebriamo un mistero, il mistero cristiano per eccellenza, quello per cui la nostra religione si distingue da tutte le altre: il mistero della santissima Trinità. Il popolo ebraico adorava un solo Dio; i popoli pagani adoravano più divinità. Noi cristiani conosciamo l'unità nella distinzione: adoriamo un solo Dio in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo. Non si tratta di un astruso concetto teologico o di una ingenua forzatura matematica, che tenta di sostenere l'impossibile equazione 3=1! Il dogma della Trinità è il titolo solenne e sintetico con cui la Chiesa ha voluto esprimere il mistero di un Dio che si è rivelato come amore. Se la ragione ci suggerisce di credere l'unicità di Dio, la rivelazione ci spinge a credere nella sua Trinità. Si tratta di un grande mistero che Dio ha progressivamente rivelato prima al popolo dell'alleanza e poi all'intera umanità. Per noi è difficile accogliere e vivere la rivelazione di questo mistero d'amore. Siamo tentati di considerarci figli di un dio minore, meno bello, meno vero di quello che si è compiutamente manifestato nella persona e nella vita di Gesù Cristo.


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La Trinità non è un concetto, ma la rilettura meditata di quello che Dio ci ha rivelato di sé lungo la storia, aprendoci delle finestre sul «mistero della sua vita» (colletta). Nel tempo della prima alleanza, Dio ha iniziato a rivelare la sua natura, mostrandosi misericordioso e accondiscendente verso Israele. Dopo essere uscito da una angosciosa condizione di schiavitù, il popolo eletto si dimostra infedele e infantile, non riesce a camminare dietro ad un Dio buono ma invisibile. Trasgredisce la Legge appena ricevuta, costruendosi un'immagine da adorare: il vitello d'oro. Dio si adira, ma non abbandona il suo popolo. Anzi, accogliendo per una seconda volta il condottiero Mosè, decide di raccontare il suo nome: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6). La Legge era stata già data una prima volta e subito infranta. Dio non perde la pazienza, chiede a Mosè un altro foglio, altre due tavole, e ricomincia a scrivere, continua a raccontarsi. È il mistero della condiscendenza di Dio, un Dio che non riesce a non curvarsi sulle sue creature per custodirne la vita e per farle diventare sua «eredità» (34,9): «Allora il Signore scese nella nube...» (34,5).  Il Vangelo completa e supera questa immagine, presentandoci Dio come un Padre che ama a tal punto da donare ciò che ha di più caro: il suo Figlio. E lo dona a noi, per noi. Un eccesso di amore è la natura e il mistero di Dio. Dio è amore esagerato, eccedente, eccessivo. Dio non giudica, salva! Perché c'è tanto, troppo amore in Dio. Dire che Dio è Trinità, significa esplicitare la rivelazione che Dio è amore. Per questo esistono tutte le cose. Per questo esistiamo anche noi. Un amore immenso è l'ultima spiegazione di tutte le cose! Dio non è solitudine infinita, ma infinito amore. Questo amore spiega e illumina la nostra vita, perché ci fa comprendere che noi siamo amati non perché buoni, ma perché figli. Dio è Trinità, cioè comunione perfetta, incontenibile amore che si espande e dona vita a tutte le cose. Un amore fedele, infinito; un amore che non si risparmia e che non giudica.


Senza risparmiarsi

Ecco perché avvertiamo in noi un'insopprimibile desiderio di vivere tante buone relazioni nella vita! Ecco perché quando siamo o restiamo soli non ci sentiamo al posto giusto. Se la Trinità è la vita di comunione a cui immagine siamo stati creati, allora nel nostro DNA è iscritta la necessità di vivere l'esperienza dell'amore. E l'amore è un'esperienza che non può esistere nella solitudine. La nostra società, pur avendo smarrito Dio – almeno il Dio di Gesù – questa cosa sembra conoscerla molto bene. Gran parte della vita economica e dello sviluppo tecnologico fanno leva proprio su questo nostro bisogno di parlare, di essere in contatto, reperibili, di poter guardare e ascoltare persone e avvenimenti lontani. Telefonia, Internet, sms, email, antenne paraboliche e decoders: sono tutti strumenti con cui esprimiamo, talvolta in modo confuso e superficiale, il nostro essere bisogno di essere in relazione perché creati ad immagine e somiglianza delle tre persone divine. Paolo nella seconda lettura ci ricorda che possiamo gestire al meglio questo desiderio che portiamo nel cuore, attraverso la forza e la guida dello Spirito: «Siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi» (2Cor 13,11). Un invito affascinante, che ci allarga il cuore perché ci fa capire che nei nostri rapporti quotidiani possiamo fare esperienza della vita stessa di Dio! Purtroppo non sempre ciò accade. Molte volte i rapporti si incrinano, altre volte si rompono. Qualche volta, poi, non hanno nemmeno l'occasione di esistere, nonostante il nostro desiderio e la nostra disponibilità.


Senza condannarsi

Non c'è condanna da parte di Dio, quando non riusciamo a vivere durature e buone relazioni d'amore. L'aspetto relazionale è l'ambito più difficile nella vita di tutti. E Dio conosce bene le sofferenze e gli insuccessi che si possono sperimentare, nel tentativo di percorrere fino in fondo la strada dell'amore. Essendo una logica relazionale, la vita della Trinità non si espande se non con la forza dell'amore. E chi ama soffre, viene sconfitto, conosce la solitudine. Ma non rinuncia mai alla verità, che ogni relazione autentica deve necessariamente rispettare. Oggi su questo aspetto mi sembra che viviamo un'immensa fragilità. Siamo così facili all'emozione e così poco capaci di entrare in profondità nei rapporti che viviamo da non avere più nemmeno fiducia nella possibilità di costruire stabili relazioni d'amore. Ci illudiamo e ci inganniamo mostrandoci molto liberi in questo campo, ma ipocritamente nascondiamo la sofferenza che si prova quando una relazione si rompe, quando non riusciamo a trovare nessuno con cui condividere il viaggio della vita. Allora anestetizziamo la coscienza, rinunciamo ai sogni e cominciamo ad accogliere scelte ambigue e disordinate nella nostra vita. Questo non è il modo migliore per onorare il mistero della Trinità da cui deriva la nostra vita. Gesù ha detto chiaramente e solennemente che «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17). La salvezza è credere nell'amore che definisce il mistero di Dio e anche il nostro. Credere che sia giusto e sempre possibile ricominciare a vivere relazioni buone e vere, senza buttarci mai via, senza chiuderci nell'orgoglio e nel rancore, imparando a perdonare se necessario. Esiste solo una condanna e un inferno: giudicare inutile o inefficace quanto Dio ci ha rivelato nel suo Figlio, morto e risorto per noi: «Chi crede in lui non è condannato; ma chi crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio» (3,18). Ecco perché noi cristiani ci ostiniamo a costruire e a vivere un'etica delle relazioni e dell'amore. Perché sappiamo che Dio ci chiama nella libertà e nella verità a questa esperienza, nella quale possiamo anche sbagliare o non riuscire a costruire quello che avevamo sognato. Ma non possiamo mai tirarci indietro. Sarebbe folle. Sarebbe rinunciare non solo a Dio, ma anche a noi stessi e alla vita di comunione che Dio ci ha donato.


Commenti

Anonimo ha detto…
oggi celebriamo l'amore perfetto: non bastava l'amore del Padre creatore, ci ha dato il suo Figlio, perchè nessuno vada perduto. e il Figlio, tornando al Padre dopo averci donato la salvezza, ci ha donato lo Spirito, perchè non fossimo mai soli. è questo il grande amore che Dio ha per noi, unità perfetta e comunione così perfetta che può uscire da sè e si può donare.
Signore donami occhi che sappiano vedere questo quando desidero amare, essere una cosa sola con chi amo. perchè è l'unica cosa importante nella vita, l'unica speranza..
monica
Anonimo ha detto…
Ho potuto ascoltare 3 diverse riflessioni sulla Trinità tra sabato e domenica. In tutte e 3 le riflessioni è stata ripreso un celebre episodio di S. Agostino quando sognò di essere in riva al mare e lì vedeva un bambino che aveva scavato una buca nella sabbia e cercava col secchiello di attingere l’acqua dal mare e quella riempire il buco in modo da poter svuotare il mare. E l’acqua che era nella fossettina veniva assorbita nuovamente. E allora Agostino gli dice: “Che cosa stai facendo, non vedi che non riuscirai mai a svuotare il mare attraverso questa piccola buca”? E il bambino risponde: “Certo Agostino! Ti ho mostrato questo per dirti una verità. Come tu non riuscirai a mettere mai tutta l’acqua del mare in questa piccola buca, così tu mai riuscirai a capire con la tua mente quanto è misterioso l’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
La riflessione che mi è rimasta più impressa è però la seguente: noi crediamo alla Trinità perché Dio si è rivelato così agli uomini. Semplice e vero.
Donata