Giovedì - VIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: 1Pt 2,2-5.9-12 / Sal 99 / Mc 10,46-52


COME BAMBINI



Le letture di oggi sono una terapia semplice e imbarazzante per affrontare le principali difficoltà che il cammino della vita ci chiede di assumere, come uomini e donne che hanno conosciuto la «misericordia» (1Pt 2,10) di Dio, diventando nel mondo suo «popolo», «stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa» (2,9). Nei giorni scorsi l'apostolo Pietro e il Signore Gesù non hanno certo lesinato gli inviti a guardare in profondità e senza paura la difficile vocazione ad essere santi, cioè a vivere la vita di Dio che è amore e servizio. Di fronte a questo stupendo ed esigente appello si apre oggi una porta di speranza che ci indica una via sicuramente accessibile, perché richiede solo la capacità di riconoscere con sincerità una cosa soltanto: che siamo essere bisognosi, come lo sono i «bambini» (2,2), come lo è un «cieco» (Mc 10,46). Queste due figure evocate dalle Scritture possono prenderci per mano e introdurci nel mistero del dinamismo della grazia, che riesce ad operare in noi «opere meravigliose» facendoci passare continuamente «dalle tenebre» alla «ammirabile luce» (1Pt 2,9) di Dio, nella misura in cui siamo disposti a riconoscere con sincerità il nostro bisogno davanti a Dio e davanti agli uomini.


Cosa impariamo dai bambini e dal cieco? Una cosa fondamentale: a sapere riconoscere e ad accettare meglio i bisogni che abbiamo e, così facendo, a riconoscere in fondo il bisogno che siamo. Questa capacità di esprimere le nostre necessità è un istinto che, purtroppo, diventando grandi tendiamo a gestire con un certo e inutile imbarazzo. I bambini si lasciano nutrire e sanno stare insieme, giocano, collaborano, spesso molto meglio di quanto gli adulti sappiano fare. Il cieco non ha paura di manifestare il suo bisogno, perché non si lascia condizionare dallo sguardo di alcuno. Non teme di chiedere consiglio, di cercare aiuto, di gridare il suo bisogno di una salvezza. Sono queste capacità che il Signore oggi ci chiede di liberare, affinché diventiamo il suo «edificio spirituale» e il suo sacerdozio santo» (2,5). 


Questo primordiale ed evangelico istinto è quanto la celebrazione eucaristica – cuore della vita cristiana – ci educa ad assumere con adulta semplicità. All'inizio della Messa infatti pronunciamo insieme l'atto penitenziale, chiedendo a Dio di avere misericordia di noi: «Abbi pietà di me!» (Mc 10,47.48). Poi il Signore ci «chiama» (10,49) con la sua parola di vita per ridonarci la «vista» (10,51) mostrandoci il segno del suo amore nel pane spezzato. In questo modo, come bambini piccoli, «appena nati» (1Pt 2,2), ci lasciamo nutrire per crescere nell'amore e nella santità. Si ravviva in noi il desiderio di perdonare e di restare in comunione con tutti, anche con i nemici. Ci alziamo dalle nostre paralizzanti paure e, voltando lo sguardo verso il Signore, riprendiamo «a seguirlo per la strada» (Mc 10,52). Questo itinerario di verità e di libertà è il dono sempre concesso da Dio al nostro giorno. Un segno fedele della sua bontà e della nostra «fede» (10,52), che ci ricorda che siamo piccoli, non vediamo, non sappiamo ancora. Come bambini appena nati, abbiamo bisogno di «crescere» umilmente «verso la salvezza» (1Pt 2,2). 


Commenti