Sabato - II settimana di Pasqua

Letture: At 6,1-7 / Sal 32 / Gv 6,16-21


IN ASCOLTO



Deve essere stata una notte indimenticabile – maledettamente incancellabile – quella in cui i discepoli si accorsero di quanto «buio» ci possa essere senza il Signore «Gesù» (Gv 6,17), la presenza piena e definitiva di Dio nella storia. Quasi tutti i vangeli (tranne Luca) conservano memoria dettagliata di quella «sera» (6,16) nella quale i discepoli, probabilmente delusi e rattristati dall'atteggiamento poco ambizioso del loro nuovo Rabbì, tentano di andare da soli e in solitudine «verso l'altra riva» (6,17). Ma quel viaggio, fatto tante altre volte senza problemi in precedenza, diventa adesso impossibile perché «il mare era agitato» e soffiava «un forte vento» (6,18). Separarsi dal Signore dopo aver cominciato a conoscerlo getta i discepoli in una crisi profonda e irrisolvibile, fino a quando è lo stesso Gesù – ancora una volta – ad accorciare le distanze: «Camminava sul mare e veniva vicino alla barca» (6,19). E con la potenza di una brevissima parola strappa i suoi amici dalla paura delle tenebre: «Sono io, non temete» (6,20). Al suono di questa voce che aleggia di notte sulle acque agitate, la barca diventa come un motoscafo che «rapidamente» tocca «la riva» (6,21).


Deve essere stato un ricordo indelebilmente impresso nella loro memoria quella notte di salvezza, nella quale Dio si manifestò non più come colui che divide le acque, ma come colui che dona la pace per poterle attraversare senza disperazione. Infatti quando l'agitazione si ripresentò nella vita della prima comunità sotto forma di «malcontento» (At 6,1) per alcune difficoltà legate alla distribuzione dei beni in favore delle «vedove» (6,1), i «Dodici» seppero arrivare «rapidamente» ad una decisione: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense» (6,2). Non fu certo una scelta di disimpegno, infatti vennero nominati sette diaconi per portare avanti il necessario servizio che l'amore richiede. Fu la coraggiosa decisione di mantenere la «preghiera» e il «ministero della Parola» (6,4) al centro della vita della comunità, perché solo la voce buona del Signore impedisce all'agitazione di attecchire ed è capace di ristabilire la pace e la fecondità della chiesa: «E si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede» (6,7).


Tutto ciò resta un modello per la nostra vita e la nostra fede. Quando la nostra traversata diventa un viaggio immobile e sconvolto da mille preoccupazioni è necessario porti in ascolto, permettendo alla parola del Signore di illuminare la nostra notte e di condurci «verso l'altra riva» dove ci attende «la vera libertà e l'eredità eterna» (colletta).


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