Giovedì dopo le ceneri - Tempo di Quaresima

Letture: Dt 30,15-20 / Sal 1 / Lc 9,22-25


SENZA DI NOI



All'inizio di questo tempo sacro di conversione, iniziato ieri con il rito delle ceneri, il desiderio di Dio nei nostri confronti appare fin troppo chiaro: «Io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso» (Dt 30,16). 


Bello, rassicurante! Ciò nonostante, proprio a causa di quest'unica intenzione di vita e di prosperità, il comando di Dio spalanca davanti a noi due possibili fronti: «la vita e la morte, la benedizione e la maledizione» (30,19). Sempre quando qualcuno ci parla la nostra libertà viene automaticamente risvegliata e messa in moto. Quando poi è Dio a farlo la posta in gioco diventa altissima: accogliere o rifiutare la sua voce diventa un fatto di enorme importanza; una questione di vita o di morte! Ecco allora il comando di Dio declinarsi in dolce imperativo per il nostro cuore: «Scegli dunque la vita» (30,19)!


Se però porgiamo ascolto alle parole del Vangelo ci accorgiamo che abbandonarsi a questo comando non è una vicenda di sola luce. Il Signore Gesù comincia a comunicare ai suoi discepoli la sua scelta di vita: «Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno» (Lc 9,22). Non assomiglia esattamente ad una scelta in favore della vita questo programma di future tribolazioni! Non assomigliano certo a questo itinerario di sofferenza volontaria le scelte che scandiscono i nostri giorni e alimentano i nostri rapporti! Perché?


Sembra onesto riconoscere subito che tra il nostro modo di vedere le cose e quello di Dio c'è un divario enorme e non immediatamente comprensibile. Ai nostri occhi la prospettiva della croce solleva nel cuore l'imbarazzo della sofferenza che vorremmo sempre evitare e invece ci trasmettiamo con piccoli gesti quotidiani di male e di egoismo. Per questo cerchiamo di evitarla, anche a costo di smettere di amare e di essere veri. Per Dio, invece, vivere significa amare e servire, e non esistono ai suoi occhi motivazioni troppo importanti per smettere di farlo. Nemmeno il dolore, nemmeno la morte. Perché amare ed essere amato sono due bisogni fondamentali con cui Dio è pienamente riconciliato, e dunque non vi rinuncia per nessun motivo. 


Ecco perché Gesù dice che «deve» (9,22) andare incontro a questo destino: perché fa parte della sua progetto di vita! È per lui necessario mostrarci l'infinito amore che nutre per noi, come è necessario attendere che questo amore sia accolto e ricambiato dalla nostra libertà. In questo senso Dio si manifesta molto libero da «se stesso» (9,23), cioè liberamente bisognoso di noi e per nulla vincolato alla nostra risposta.


Forse è questa libertà interiore che conosciamo poco. Forse le nostre scelte che ci procurano la morte anziché la vita nascono da una disattenzione ai nostri veri bisogni, che barattiamo ingenuamente con quelli più vani e superficiali. Ogni giorno avremmo bisogno in realtà di poche cose per essere felici: di piccoli gesti che nascono dal cuore, di rapporti semplici con cui accogliamo e ci sentiamo accolti. Eppure mancano. Troppo spesso. 


Ecco allora la prima zavorra che ciascuno di noi è chiamato ad abbandonare in questo pellegrinaggio quaresimale: «se stesso» (Lc 9,23). Sembra assurdo. Sembra banale. Eppure questa è ogni anno la prima grande prova del cammino di Quaresima: essere disposti a rinunciare a sé, ad un certo modo di concepirsi e di vivere.

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