II Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Letture: Is 49,3.5-6 / Sal 39 / 1Cor 1,1-3 / Gv 1,29-34


RICONOSCERE



Abbiamo concluso la celebrazione del Natale: Gesù è venuto a noi ancora un volta nel segno tenero di un Bimbo (Natale), è stato riconosciuto dai cercatori di Dio (Epifania), infine, diventato grande, si è presentato al Giordano per esprimere la sua solidarietà con noi, là dove nemmeno noi spesso siamo solidali con noi stessi (Battesimo).


Ora ci attende un nuovo anno liturgico, nel quale potremo approfondire il Vangelo e la conoscenza di Gesù attraverso la prospettiva teologica di Matteo. Primo di cedere la parola al primo dei Vangeli, la liturgia indugia ancora un attimo, lasciando la parola all'evangelista Giovanni, per una sorta di introduzione teologica.


Le letture di oggi infatti non convergono ad un particolare tema di riflessione, ma sono come dei riflettori che illuminano il volto misterioso del Signore Gesù, l'agnello-servo con cui Dio porta la salvezza non solo ad Israele, ma fino ai confini della terra, perché è «Figlio di Dio» (Gv 1,34).


RI-CONOSCIMENTO

Giovanni dopo aver battezzato Gesù ha un'illuminazione apparentemente estemporanea: «Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). In realtà, il profeta e il Signore si conoscono da tempo, sono parenti, amici, credenti appassionati e coerenti. Eppure quel giorno, il Battista giunge finalmente ad una comprensione piena e profonda del mistero che si nasconde nella vita del mite falegname di Nazaret. Intuisce che in lui Dio ha finalmente deciso di manifestare la sua «gloria» (Is 49,3) e di portare la salvezza oltre i confini delle «tribù di Giacobbe»,  «fino all'estremità della terra» (49,6)


Giovanni è un uomo sveglio, lucido, con il cuore pieno dello spirito di Dio. Si è accorto da tempo che nel mondo c'è un peccato che nessuno sforzo umano riesce a togliere. Non si copre gli occhi davanti allo spettacolo di una vita che in tanti modi fallisce il bersaglio della felicità, della giustizia, della solidarietà. Da tutta la vita attende che Dio manifesti la sua salvezza. Dopo aver contemplato l'uomo Gesù immergersi nelle acque del peccato, si rende conto che la pienezza dei tempi è ormai sopraggiunta perché Dio ha deciso di togliere nel modo più impensabile «il peccato del mondo» (1,29): prendendolo su di sé!


Subito dopo ci rivela il segreto di questo riconoscimento. È stato «lo Spirito» che scendendo pienamente «come una colomba dal cielo» gli ha aperto gli occhi e gli ha fatto comprendere che in Gesù la vita di Dio dimora stabilmente, come un uccello nel suo nido (cf 1,32-33). Per questo non esita a riconoscere quest'uomo, mite e compassionevole come un Agnello, il «Figlio di Dio» (1,34).


RI-CONOSCERE

Questo cammino di riconoscimento compiuto da Giovanni è la possibilità che attende anche noi in questo nuovo anno di fede. Sotto la guida dello Spirito, anche noi possiamo riconoscere quel Gesù che già conosciamo, ma che ancora ci rimane ignoto e misterioso. Non ci spaventi e non ci imbarazzi questa opportunità! Ogni persona è un mistero immenso che decifriamo lentamente lungo il corso della vita, figuriamoci Dio, il mistero infinito d'amore che dà vita a tutte le cose! Riconoscere in Gesù la presenza piena, definitiva e salvifica è un evento gigantesco, che deve sempre riaccadere nel corso della vita. E quando avviene trasforma il nostro volto e il nostro tempo, perché non si può vedere Dio senza modificare radicalmente la nostra esistenza. Come non si può entrare in contatto col fuoco senza bruciarsi.


Come ogni conoscenza ha sempre bisogno di essere approfondita e messa in discussione, così anche la nostra fede cristiana deve obbligatoriamente rinnovarsi, per non diventare vecchia, ingessata e atrofizzata, perdendo quella sua dimensione 'laica' che oggi il mondo ci chiede di saper vivere e testimoniare, a garanzia di una appartenenza a Cristo non clericale o formale o bigotta.


Riconoscere Gesù significa leggere il Vangelo, pregare, indagare, approfondire, non accontentarsi di una fede per sentito dire. Oggi c'è bisogno di cristiani ben preparati. Dobbiamo dunque approfittare delle occasioni per accrescere la nostra fede, per radicare nel nostro cuore e nella nostra intelligenza il mistero di Cristo. 


Riconoscere Gesù significa riscoprire l'importanza di esercitarsi ad osservare la morale cristiana che nasce dal Vangelo e gustare la gioia di essere perdonati. Un certo modo di vivere una morale troppo personale, unita ad una diffusa paura o incapacità di riconoscere i nostri peccati ci priva della gioia di sentirci chiamati e amati da Dio. Nell'ambito della fede, come in ogni disciplina umana, l'esercizio – che un tempo si chiamava ascesi – rimane la strada fondamentale per poter accedere agli spazi liberi dello Spirito e della grazia. Senza la fatica di studiare e osservare i precetti di Dio perde di importanza qualsiasi salvezza il Signore Gesù è disposto ad offrirci. 


In questo cammino saremo aiutati dallo Spirito Santo che desidera scendere e rimanere dentro di noi per rivelarci che Gesù è davvero l'agnello e il Figlio di Dio. Solo lo Spirito può fare piazza pulita di tutte le altre immagini di Dio che ci portiamo dietro e sostenerci nella fatica di accogliere e vivere le esigenze del Vangelo nel mondo di oggi.


RI-CONOSCIUTI

Se sapremo riconoscere Gesù, potremo regalare al mondo l'occasione di riconoscerci come discepoli del Signore, «santi» (1Cor 1,2) non per merito, ma per dono. In occasione della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani questa speranza diventa umile e fiduciosa preghiera all'unico Dio, «Padre nostro» (1,3).


Commenti