Mercoledì - XXIX settimana del Tempo Ordinario

Letture: Rm 6,12-18 / Sal 123 / Lc 12,39-48

NOI STESSI



«Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?» (Lc 12,41). La domanda di Pietro rivela la sottile tentazione del discepolo che, sentendosi privilegiato, chiede il permesso di potersi concedere un po’ di relax, dopo aver offerto al Maestro la sua disponibilità.


Laddove la parola del Vangelo cerca di abolire muri e separazioni, noi quasi senza accorgercene tendiamo a restare barricati dentro una logica del merito e della divisione, che mette da una parte «noi» e dall’altra «tutti» gli altri. Facciamo molta fatica a coinvolgerci fino in fondo nello spirito di un Vangelo che annuncia la fraternità universale davanti ad un Dio Padre. Persino nei momenti in cui il Signore riesce a fare breccia nella nostra coscienza con parole di vita, non perdiamo occasione di manifestare il nostro egoismo, con domande meschine e puerili.


Questa resistenza al Vangelo mette a nudo una certa difficoltà a diventare figli di Dio e ad accettare il servizio come forma di libertà ed espressione di vita piena. Lo conferma il fatto che pur essendo stati «liberati dal peccato» (Rm 6,18) e non vivendo più «sotto la Legge», che condanna e giudica, ma «sotto la grazia» (Rm 6,15), il peccato riesce ancora a regnare nel nostro «corpo mortale» e noi ci sottomettiamo facilmente «ai suoi desideri» (Rm 6,12).


Sconcerta, ma è terribilmente vero questo perverso dinamismo che ci fa comportare come ex detenuti che cercano di rientrare in carcere dopo aver ottenuto il congedo: «Che dunque? Dobbiamo commettere peccati perché non siamo più sotto la Legge ma sotto la grazia? È assurdo!» (Rm 6,15). E così fraintendiamo la pazienza misericordiosa di Dio ragionando come il servo malvagio: «Il padrone tarda a venire», e cominciando a «percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi» (Lc 12,45).


Questo assurdo modo di comportarsi esprime un cuore ancora segnato dalla menzogna e dalla seduzione del potere, che rinuncia ad accogliere la chiamata di Dio: «Offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio» (Rm 6,13). Immaginiamo ancora un Dio che ci chiede altro rispetto a ciò che siamo e possiamo offrire!


Il Vangelo si riassumo nella voce di Dio che ci accoglie, sempre, e ci invita a partecipare alla sua vita di amore e di servizio. Ascoltare questa fiducia immeritata e sentirci chiamare alla responsabilità dell’amore è spesso motivo di gioia per il nostro cuore. Ma i nostri occhi si richiudono in fretta a questo paradiso e torniamo ai nostri piaceri e ai nostri egoismi con estrema facilità.


Non si stanca, il «padrone» di farci conoscere «la sua volontà» (Lc 12,47). Non si scoraggia di fronte ai tentennamenti adolescenziali della nostra volontà. Sa bene che siamo capaci di rispondere, che siamo capaci di conversione. Ciascuno però secondo la sua coscienza: «A chiunque fu dato molto, molto sarà richiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto di più» (Lc 12,48).


Commenti

Anonimo ha detto…
BENTORNATO FRA ROBERTO!
MI MANCAVANO LE SUE OMELIE QUOTIDIANE.MI COLLEGO OGNI GIORNO AL SUO BLOG. GRAZIE SEMPRE.
FRANCESCA
Anonimo ha detto…
«A chiunque fu dato molto, molto sarà richiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto di più» (Lc 12,48).


sconvolgente verità...mi è stato donato tanto da Dio,ho sentito vivere in me il Suo Amore,lo sento in me...e ora molto mi è richiesto.
Pregate per me perchè possa fare la Sua Volontà.
un abbraccio fraterno,Teresa