Mercoledì - XXV settimana del Tempo Ordinario

Letture: Esd 9,5-9 / Tb 13 / Lc 9,1-6

STATUS LIBERTATIS



Nell’antica Roma esisteva la schiavitù, orribile costume sociale per il quale un individuo rimaneva privo di tutti i diritti di persona libera e veniva considerato come proprietà di un altro individuo. Uno schiavo non moriva necessariamente in questa condizione, ma poteva essere affrancato. Diventava allora un liberto (cioè un liberatus) nei confronti del suo padrone. Invece l’uomo che aveva la fortuna di essere libero sin dalla nascita veniva detto ingenuo (lett.: ‘del paese indigeno’, ‘autoctono’).


Siamo tutti liberti, schiavi liberati: questo sembra essere, in sintesi, il messaggio che le Scritture oggi ci rivolgono. Vedendo i rimpatriati dall’esilio mescolarsi con le «popolazioni locali» e profanare così «la stirpe santa» (Esd 9,2), lo scriba Esdra si sente «confuso» e pieno di «vergogna» (Esd 9,5). Davanti a Dio piange e confessa: «Dio mio... la nostra colpevolezza è aumentata fino al cielo» (Esd 9,6). Esdra riconosce una radice malvagia nel cuore del popolo eletto, un’incapacità di restare fedele al Dio dell’esodo e della libertà: «Noi siamo schiavi; ma nella nostra schiavitù il nostro Dio non ci ha abbandonati» (Esd 9,9).


La storia dell’umanità ci ha mostrato molte forme di schiavitù lungo i secoli. Alcune sono state riconosciute e rifiutate dalla società degli uomini. Altre sono ancora presenti e, talvolta, occulte alla coscienza collettiva. La storia sacra, di cui la Bibbia è complessa rivelazione, ci informa di una profonda forma di schiavitù che attira su di sé la compassione e la preoccupazione di Dio: la schiavitù del peccato, la radicale incapacità di affrancarci pienamente da tutto ci che ci fa fallire come uomini creati a immagine e somiglianza di Dio.


Eppure proprio in questa condizione di peccatori il Signore ci chiama a sé e ci salva, come ricorda il popolo tornato dall’esilio: «Dio ha fatto brillare i nostri occhi e ci ha dato un po’ di sollievo nella nostra schiavitù» (Esd 9,8). Il «potere» e «l’autorità» del Signore si manifestano in modo speciale nel desiderio di «curare» il nostro cuore schiavizzato dal male, purificandolo da «tutti i demòni» (Lc 9,1) che negano o sconfessano la parola del Vangelo che ci proclama figli teneramente amati.


Questo potere non è per Dio «un tesoro geloso» (Fil 2,6); lo condivide volentieri con noi. Così Gesù «mandò i Dodici ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi» (Lc 9,2). Ed essi «partirono» (Lc 9,6) rialzando attraverso il loro cammino fraterno e povero «la casa del nostro Dio» e restaurando «le sue rovine» (Esd 9,9).


Quando ci rimettiamo in cammino per «annunziare il regno di Dio» (Lc 9,2), portando con noi l’unica tunica (cf Lc 9,3!) del nostro volto, ci affranchiamo da quella schiavitù quotidiana che ancora ci separa dalla gioia e dalla pace.


Una schiavitù reale, perché del suo peso ne portiamo i segni nell’anima.


Una schiavitù virtuale, figlia di menzogna, perché agli occhi del Padre noi siamo da sempre ingenui, nati liberi dal suo infinito amore.


Commenti

Anonimo ha detto…
Signore,
fissare lo sguardo sulle "nostre colpe, quando si moltiplicano fin sopra la nostra testa", ci lascia "confusi" e pieni di vergogna. Non permettere che questa
"prostrazione" rimanga inconcludente e passiva, ma ci conduca a "cadere in ginocchio e a stendere le mani" verso di Te, che
sei "Signore per sempre, salvezza di quanti ti invocano in qualunque prova e vengono esauditi".
Così sia.
Anonimo ha detto…
Oggi pomeriggio quando ho iniziato a sentire la stanchezza della giornata di lavoro ed ho ripensato al fatto che la prossima settimana arriverà un nuovo capo dalla Germania con cui, come dico io, prendere le misure, ho provato a fare l'esercizio che ci hai suggerito ieri, cioè rammentare che "il tempo è compiuto" che Dio è giunto fra noi.
Forse non è stata solo quella frase, ma dipenderà anche dal fatto che ultimamente sono sereno, grazie al cammino che sto facendo, tanto che ho perfino instaurato un buon rapporto con una collega che fino a qualche mese fa non tolleravo, ad ogni modo (nonostante l'arrivo di questo nuovo capo non preannuncia buone nuove) sono riuscito ridere di tutto questo. Non penso improvvisamente che tutto sia meraviglioso, ma sto imparando a minimizzare alcuni dei problemi che devo affrontare concentrandomi invece su ciò che conta realmente nella mia vita e che mi dà gioia e la forza di vivere anche quando non tutto è come vorrei.
Chissà, forse anche questa è una forma di affrancamento dal peccato che ci porta a giudicare le circostanze e le altre persone con un metro di giudizio che spesso riteniamo infallibile, ma che in realtà è frutto del nostro limitato sguardo teso a difendere ciò che crediamo di avere raggiunto e che riteniamo che nessuno abbia diritto di toglierci.

Mimmo
Anonimo ha detto…
Condivido proprio le parole di Mimmo. Gli incontri del martedì aiutano molto nella riflessione, a star bene, con serenità nonostante le cose non vadano come vorremmo. E nemmeno a farlo apposta, anche a me è capitato di riprendere un rapporto con una collega che, per vari motivi, non riuscivo a vedere come amica e mi sono ricreduta!
Grazie!