XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Letture: Gen 18,20-21.23-32 / Sal 137 / Col 2,12-14 / Lc 11,1-13

DIALOGO FAMILIARE


Questa domenica la parola di Dio ci parla di un tema importante: la preghiera. Ogni religione pone al centro della sua esperienza la preghiera come momento profondo di relazione e di comunione con Dio. Il cristianesimo vanta una ricchissima tradizione a questo riguardo, che lungo i secoli si è manifestata in diverse forme a seconda dei paesi, delle culture e della storia del mondo.


Oggi però ci troviamo un po’ in difficoltà a raccogliere questa enorme tradizione, perché – dobbiamo ammetterlo – non preghiamo più. Gli studiosi ci informano che siamo piombati in una profonda crisi spirituale, almeno qui nella nostra vecchia Europa. Le ragioni sono molteplici e complesse, e non ci interessa indagarle tentando di fare grossolana sociologia religiosa. Più utile è chiederci che cosa possiamo fare per confrontarci con una tradizione che ci consegna alcune forme di preghiera e la parola di Gesù che oggi nel Vangelo ci insegna ancora una volta come si fa a pregare.


Personalmente non credo affatto che ieri fosse facile pregare e oggi non lo sia più. Così come non sono affatto convinto che i cristiani di ieri fossero spiritualmente più progrediti di quelli che oggi provano a costruire un rapporto con il Signore Gesù. Ritengo, più semplicemente, che la preghiera sia una cosa misteriosa e impegnativa e ogni generazione deve affrontare le sue specifiche difficoltà per poterne fare autentica esperienza.


Oggi credo ci sia un diffuso sospetto che pregare sia un’attività un po’ inutile e noiosa. Dietro a questo pregiudizio si cela il presentimento che Dio, in fondo in fondo, non abbia né bisogno né voglia di ascoltare le nostre parole. La parola di Dio smentisce questa convinzione e ci rivela una realtà ben diversa.


La preghiera è un dialogo...

Il libro della Genesi ci racconta che Dio, preoccupato per i cattivi costumi che si sono diffusi nella città di Sodoma, confida ad Abramo la sua preoccupazione. Abramo risponde supplicando il Signore di non usare giustizia, ma misericordia. Non fosse altro che per qualche persona giusta che in quella città dovesse abitare, come il suo caro nipote Lot. La preghiera appare dunque come un dialogo, un confronto, una riflessione sulla realtà che l’uomo e Dio svolgono insieme.


Emerge pure un altro curioso particolare. Nella preghiera l’uomo sembra inizialmente persino più buono di Dio. Dice Abramo: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? E non perdonerai...?» (Gen 18,23). In realtà Dio è molto più coinvolto e partecipe della storia umana di quanto noi immaginiamo e di quanto lo siamo noi. Inoltre ci vuole un bene immenso, tanto da dare la sua vita per noi: «Dio ha annullato il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce» (Col 2,14).


...tra padre e figlio!

La preghiera è un dialogo che deve assumere la statura grande di un rapporto tra padre e figlio. Interrogato dai discepoli su come si debba pregare, Gesù non ha esitazioni: chiamate Dio padre e poi convincetevi che lo sia davvero.


Chiamando Dio Padre ci succede una cosa bellissima: ci rivestiamo inevitabilmente di tutta la nostra dignità di figli. Dicendo a Dio: «Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno» (Lc 11,2) noi ci impegniamo a vivere una responsabilità grande e concretissima. Infatti mentre diciamo queste parole è come se Dio parlasse a noi dicendoci: ‘Guarda che tu sei mio figlio, vorrei fare grandi cose con te, mi serve la tua mano per costruire nel mondo il mio regno di verità e di amore. Sì, lo so che hai sbagliato e sei caduto per terra. Dai, ricomincia a camminare, ti voglio bene’.


Purtroppo noi spesso vorremmo altro da Dio! Ci sembra poca cosa essere riempiti del suo «Spirito Santo» (Lc 11,13) per vivere nel mondo il cammino e le conseguenze dell’amore. Se fosse per noi ci accontenteremmo di molto meno: occasioni, salute, fortuna, denaro. Ma Dio non esaudisce questi piccoli desideri, allora noi cominciamo a credere che sia cattivo. Ecco perché il Maestro Gesù aggiunge al suo insegnamento queste sferzanti domande: «Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? (Lc 11,11-12).


Questo è in fondo quello che pensiamo talvolta di Dio: che non sia un Padre buono e non si curi allo stesso modo di tutti i suoi figli. Il nostro principale ostacolo nella preghiera sta tutto qui. L’unico modo di superarlo è praticare con un po’ di perseveranza e regolarità una preghiera in cui ci sia un momento di ascolto. Una preghiera – magari breve – ma fatta tutti i giorni e che inizi con l’apertura delle Scritture sante, almeno il Vangelo. Altrimenti la preghiera diventa il monologo delle nostre paure o delle nostre passioni inutili, che finisce inevitabilmente con la delusione nei confronti di un dio inesistente che non ci aiuta nel cammino della vita. Invece possiamo prendere sul serio Dio che ci prende sul serio, nella misura in cui cerchiamo ogni giorno di conoscerlo e di diventare suoi discepoli.


Quando preghiamo, Dio ci tratta da adulti e a un certo punto di fa, solo e sempre, il dono più grande: lo Spirito Santo, il suo Amore. Perché in questo consiste la nostra felicità, nel vivere la vita di Dio, nell’essere a sua immagine e somiglianza. Ora, Dio è amore. Dunque la preghiera è quel dialogo che ci fa desiderare e diventare ogni giorno sempre più simili a questo amore, che non sappiamo esattamente com’è e come sarà. Siamo però sicuri che nel volto e nella vita di Gesù lo abbiamo visto risplendere, in tutta la sua verità e bellezza.


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