XIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Letture: Is 66,10-14 / Sal 65 / Gal 6,14-18 / Lc 10,1-12.17-20


TUTTI AGNELLI



È davvero un tipo curioso il nostro Maestro! Dopo aver alzato un po’ la voce domenica scorsa per dirci: guardate che seguirmi è piuttosto impegnativo, se lo fate vi cacciate in un mare di guai; questa domenica moltiplica il numero dei discepoli per inviarli davanti a sé, come persone di cui ha estrema fiducia, come discepoli da cui si lascia rappresentare volentieri.

Dio ha un grande progetto per l’umanità, farci partecipare alla sua immensa vita. E non vi rinuncia quando si accorge che non riusciamo a seguirlo con determinazione. La sua convinzione profonda è che in fondo noi siamo capaci di costruire con lui questo sogno d’amore e di comunione che Gesù chiamava «il regno di Dio» (Lc 10,11).

TUTTI

Perciò occorre andare tutti in missione, ad annunciare la pace e il regno di Dio! In questi «altri settantadue discepoli» che il Signore designa a invia «a due a due avanti a sé» (Lc 10,1) è importante riconoscere oggi un appello rivolto a tutta la Chiesa, non solo a quei cristiani che esercitano un più esplicito ministero per il Regno, come i preti, i frati e le suore. Siamo tutti corresponsabili nella diffusione del Vangelo. Ogni cristiano nel battesimo viene sufficientemente equipaggiato per poter manifestare con la sua vita un riflesso della vita di Dio.


Ma dove andare? Chi oggi ha bisogno di ricevere la Buona Notizia che Dio è vicino? Io credo che questo luogo sia anzitutto la Chiesa. Siamo proprio noi – i cristiani – ad aver bisogno di ascoltare ancora il Vangelo e di riaccendere in noi la speranza e l’entusiasmo. È questa nostra società che ha smarrito la memoria e non si ricorda più di avere radici cristiane nel suo DNA.


Ci stiamo forse accorgendo, dopo aver diffuso e custodito il messaggio evangelico, che tutto quanto facciamo per il Signore non basta più per aiutare le persone di oggi ad incontrare il suo volto. Intendiamoci bene: l’Italia è ancora un paese cattolico, e questa è una cosa bellissima. Tutti sanno che cosa è un prete, che cosa vuol dire andare a Messa, confessarsi, che cosa è una parrocchia, ecc. Eppure dobbiamo riconoscere che tutto questo non basta più. Le chiese e le comunità parrocchiali si svuotano. I giovani se ne vanno dagli oratori appena possono. Le coppie preferiscono convivere che sposarsi. La morale cristiana viene guardata con superficialità o sospetto. Non ci sono più vocazioni; i seminari chiudono, i conventi si convertono in opere sociali.


Che cosa sta succedendo? La Chiesa non ha più nulla da dire a questo mondo? L’umanità si sta perdendo? Forse nessuna delle due cose è vera. Sta più semplicemente accadendo una grande trasformazione, ormai da diversi decenni. La società è entrata in un grandioso processo di trasformazione e la Chiesa, che in questo mondo vive, sta cercando nuove strade per rimanere fedele al suo mandato ma, nel contempo, attenta al tempo presente.


Non dobbiamo dunque lasciarci prendere dal panico o dai pessimismi, rimanendo imbambolati davanti ad uno scenario che potrebbe indurci a pensare che le cose vanno male. Dobbiamo solo ritrovare l’essenziale e farlo diventare il nuovo punto di partenza.


AGNELLI

Che cosa è essenziale oggi? Io credo la ‘forma’ del Vangelo. Mi spiego: tutti sanno chi è Gesù e che cosa ha detto. Non sono le parole che mancano. Quello che manca è la credibilità e la fragranza che deve, accompagnare, le parole di speranza che sono il cuore del Vangelo e della Chiesa.


La parola del Vangelo ci aiuta a ritrovare questo essenziale. Dice Gesù ai settantadue discepoli: andate poveri, miti, «come agnelli» (Lc 10,3); non portate troppa roba, donate voi stessi; non moltiplicate discorsi inutili, ma annunciate la «pace» (Lc 10,5) e dite: «È vicino a voi il regno di Dio» (Lc 10,9).


Tutto qui! Non dobbiamo fare tanto, ma dobbiamo farlo bene, come ha fatto Gesù. Non spetta a noi salvare il mondo. A noi è chiesto di vivere da salvati; il mondo è già salvo, lo ha salvato Gesù. Purtroppo non lo sa più. Ha dimenticato questo Vangelo.


A noi il compito di ricordarlo. Con semplicità, «a due a due» (Lc 10,1), attraverso il nostro stare insieme senza liti, senza inutili rivalità. Lasciando che nei nostri volti appaia chiaramente quale felicità abbiamo nei cuori: sapere che i nostri «nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20).


L’umanità di oggi sembra solo in apparenza scoppiare di salute, in realtà ha tanto bisogno, come noi, di ascoltare una Parola buona, di speranza fondata. Siamo allora chiamati ad assumere un grande compito: portare la presenza di Dio nelle strade e nelle case, raccontare agli uomini smarriti e soli del nostro tempo che Dio è dalla nostra parte, che il suo sogno continua ad essere quello di costruire un’umanità bella e felice, che ciò che conta non sono le cose, le opportunità, ma – come dice Paolo ai Galati – «l’essere nuova creatura» (Gal 6,15), riscoprirsi amati e scelti da Dio. Non è diversa la nostra missione da quella del profeta Isaia che ad un popolo tornato dalla deportazione in una terra triste e desolata dice: «Rallegratevi» (Is 66,10).


Il problema non è che siamo in pochi. La Chiesa è iniziata dall’entusiasmo di un giovane carpentiere di Nazaret e poi da un manipolo di uomini qualsiasi, sedotti e infiammati dal fuoco dello Spirito Santo. Forse siamo solo poco convinti, poco innamorati. Convertiamoci al Vangelo. Ascoltiamo ancora la Buona Notizia, che ci strappa dai nostri piccoli progetti e ci restituisce alle mani di quel Dio che si fida di noi, e ci invita a preparare in questo mondo la venuta del suo Regno.


Commenti

Anonimo ha detto…
mah che bello