Venerdì - IX Tempo Ordinario

Letture: Tb 11,5-18 / Sal 145 / Mc 12,35-37

VOLENTIERI



Che bello incontrare qualcuno che ci fa delle domande, anziché regalarci scontate risposte! Così fa il Signore Gesù nel Vangelo di oggi e, annota Marco, «la numerosa folla lo ascoltava volentieri» (Mc 12,37).


Quando entriamo nel vivo di una discussione, ad un certo punto ci accorgiamo che non conviene più parlare. Nasce spontanea l’esigenza di fare silenzio e, se siamo un po’ saggi, magari di ascoltare quanto l’altro ci ha detto. Nel Vangelo di ieri si era arrivati ad una situazione del genere, a giudicare da quel curioso particolare che non sfugge alla penna dell’evangelista: «E nessuno aveva più il coraggio di interrogare Gesù» (Mc 12,34). Il Maestro aveva appena elogiato uno scriba aperto e riflessivo dicendogli: «In verità non sei lontano dal regno di Dio» (Mc 12,34).


Non sappiamo le ragioni di questo silenzio che si viene a creare dopo che Gesù ha parlato. Tuttavia possiamo riconoscere che qualcosa di simile accade anche a noi, nel nostro tortuoso itinerario di uomini e discepoli. Molti fatti della vita ci strappano via certezze e sorrisi. La nostra preghiera a Dio sembra a volte un deludente monologo oppure uno di quei dialoghi in una lingua straniera che ancora non mastichiamo, dove sono più i fraintendimenti che le intese. Allora, ad un certo punto, ci fermiamo.


Stanchi, depressi, tristi, scoraggiati. Finalmente vulnerabili!


Questo strano momento della nostra storia e della nostra vita spirituale è un tempo di grazia, anche se noi non siamo capaci di riconoscerlo subito come tale. Perché questo momento di buio e di stanchezza è una situazione di irrevocabile passività, e la grazia di Dio può approfittarne per donarci quanto noi volevamo costruire.


Dopo aver provato ad essere bravi o a sostenere il peso della nostra storia, finalmente arriviamo a riconoscerci ciechi e prigionieri, povere creature bisognose di salvezza. In quel momento Dio può – finalmente – essere il ‘nostro’ Dio! Non più l’amico, l’insieme di valori da seguire, la chiesa a cui apparteniamo, ma il Signore che ci salva con la potenza del suo amore, il Misericordioso che ha «pietà» di noi (Tb 11,16). Solo quando accettiamo di non riuscire più a vedere con le nostre forze, può venire a salvarci quel Signore che non ha mai smesso di credere in noi: «Io so che i suoi occhi si apriranno» (Tb 11,7) e desidera versare il «fiele» del suo amore sulla nostra povertà, affinché operi «come un morso» (Tb 11,11) che restituisce al nostro cuore «il vigore di un tempo» (Tb 11,16) e ci dona la «meraviglia» (Tb 11,16).


L’esperienza di guarigione che Tobi vive proprio quando ha ormai smesso di sperare ci ricorda che in fondo la nostra guarigione è opera di Dio, non frutto di sforzi e preghiere. Per poterla operare il Signore ha bisogno che accettiamo di restare nel mistero di una sua paradossale presenza tutta divina e tutta umana.


Proprio questo cerca di dire Gesù alle folle ormai ammutolite: ma non vi accorgete di quanto Dio non sia «lontano» (Mc 12,34) da voi? Non vi rendete conto che quanto le Scritture annunciano, ormai si è realizzato: «Il regno di Dio è vicino» (Mc 1,15)?


Se smettiamo di fuggire o di nasconderci, Dio può ancora ridare la luce i nostri occhi. Dobbiamo solo restare fermi e lasciar fare a lui che "ha fatto bene ogni cosa" (Mc 7,37). E continua a fare buone tutte le cose. Volentieri.



Commenti

Unknown ha detto…
Condivido pienamente con te il concetto che nella vita di ciascuno di noi non mancano dolori, tristezze e profonde delusioni. In questi momenti ci affidiamo a Dio nella preghiera con la speranza che Egli venga in nostro aiuto.
La mia fede mi dice di continuare ad affidarmi a Lui con la certezza che Egli mi ascolta sempre e comunque.
Anche se i risultati attesi non vengono sempre esauditi, mi conforta sapere che la mia storia, con tutti i suoi imprevisti e le sue difficoltà, fa parte del Suo disegno e che, in quanto tale, va accettata perché Lui “ha fatto bene ogni cosa e continua a fare buone tutte le cose”.
Grazie Signore di questa consapevolezza, la ritengo un dono e una grazia grandissima.

Giovanna