Santi Pietro e Paolo apostoli

Letture: At 12,1-11 / Sal 33 / 2Tm 4,6-8.17-18 / Mt 16,13-19


LA PIETRA E LA GRAZIA



La nostra fede si fonda sull’esperienza di Pietro. Larga parte degli scritti del Nuovo Testamento sono debitori della vita e della fede di Paolo, il fariseo tramutato in apostolo dalla grazia del Signore. Entrambi questi uomini dovettero ricredersi nei confronti della rivelazione che Dio aveva deciso di fare nella vita, nella morte e nella risurrezione di Gesù, il Maestro di Nazaret.


Pietro non capì subito quanto profonde erano le parole di Gesù, quel giorno a Cesarea di Filippo, quando gli disse: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,17). Dovette fare un lungo cammino per capire che Dio voleva rivelargli il suo infinito amore, così grande da «dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Pietro si era illuso di essere forte come una roccia; aveva frainteso il nome profetico che Gesù gli aveva dato: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa» (Mt 16,18). Simone non era più forte degli altri discepoli, ma prima degli altri fallì nel tentativo di essere un discepolo fedele. Per primo dunque comprese che la roccia dell’uomo è Dio e la sua ostinata volontà di amarci.


Anche Paolo non comprese subito la forza che si manifestava nella croce del Signore. All’inizio fu scandalizzato da una rivelazione così debole di Dio e continuò a vivere cercando di essere giusto. Fu necessario un ruzzolone a terra e un po’ di buio (interiore?) prima di essere folgorato per sempre dalla Buona Notizia della grazia di Dio, del suo amore gratuito che ci salva! Inoltre servì poi del tempo a Paolo per capire che non era ai Giudei che il Signore lo chiamava a testimoniare la sua fede, ma a «tutti i Gentili» (2Tm 4,17). A forza di insuccessi, Paolo imparò a leggere dentro la sua storia i segni della chiamata di Dio ad andare là dove non immaginava.


Pietro e Paolo scoprirono attraverso la loro storia e non senza difficoltà che «il Signore libera i suoi amici» (salmo responsoriale), ma lo fa in altro modo rispetto ai nostri desideri. Il Signore ci libera «da ogni male» (2Tm 4,18), cioè dalla cattive comprensioni della sua volontà, da noi stessi, dai nostri egoismi e dalle nostre paure.


Perciò arriva per tutti il momento in cui il mistero della sua volontà si manifesta nel lasciarci camminare dentro le difficoltà, le malattie, le prove della vita. Dio ci conduce con dolcezza e forza dentro il nostro martirio (=testimonianza) perché è il luogo dove si compie la nostra creazione ad immagine e somiglianza di lui, Amore che si dona.


Ecco perché oggi festeggiamo il martirio di Pietro e Paolo: affinché anche la nostra fede possa rifondarsi sulla Buona Notizia che Dio è la roccia, e piena di grazia è la sua volontà per noi. E dunque non dobbiamo aver paura di ascoltare la sua Parola e di metterla in pratica. Non dobbiamo temere di vivere come discepoli e pellegrini in questo mondo.


Duemila anni fa Pietro era in catene e «una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui» (At 12,5). Dio ascoltò quella chiesa e Pietro fu liberato.


Oggi Pietro non è più in catene; il papa Benedetto XVI è libero di muoversi e di comunicare al mondo la fede cristiana. Ciò che forse è in catene è la testimonianza apostolica che il papa custodisce e ogni comunità cerca di celebrare e vivere. È in catene perché troppo spesso relegata nelle sacrestie e nelle chiese, in quei quarantacinque minuti striminziti alla domenica e in qualche furtivo segno di croce, sperando che Dio ce la mandi buona.


È in catene perché i (pochi) cristiani che tentano di fondare la loro vita sul Vangelo di Cristo, molte volte peccano di timidezza o di poca passione. Oppure non hanno radici profonde e robuste; ignorano le Scritture, non sono mai stai iniziati né guidati a camminare sotto l’autorità dello Spirito Santo.


Preghiamo il Signore affinché sciolga le catene che trattengono la Buona Notizia che portiamo nei cuori, che celebriamo nelle nostre liturgie, che anima i nostri gesti, i nostri pensieri, le nostre speranze. Chiediamo questo semplice, bellissimo miracolo: che il mondo ri-conosca che Dio è la pietra solida su cui possiamo fondare la nostra vita. E il suo amore la grazia che vale più della vita, la ragione vera per cui possiamo vivere e, quindi, anche morire.


Commenti