Lunedì - XI Tempo Ordinario

Letture: 2Cor 6,1-10 / Sal 97 / Mt 5,38-42


SENZA OPPOSIZIONE



Qualcosa sembra accomunare il pensiero di Paolo e quello di Gesù. L’apostolo ci esorta a «non accogliere invano la grazia di Dio» (2Cor 6,1), cioè a non sciupare il regalo stupendo che Cristo ci ha fatto con la sua Pasqua. Il Signore dice ai discepoli: «Io vi dico di non opporvi al malvagio» (Mt 5,39). Due indicazioni al negativo: «non invano», «non opporsi»... Che legame possiamo istituire tra questi due consigli? In che senso fare resistenza al male può vanificare il dono di Dio che è in noi? Forse conviene partire da san Paolo per poi arrivare ad ascoltare le ‘eccessive’ parole che il Vangelo oggi pronuncia.


Ai cristiani di Corinto il fariseo Paolo, ormai convertito alla Buona Notizia della grazia, spiega che «il momento» (2Cor 6,2) della salvezza è il tempo presente. Tuttavia, precisa subito: stiamo attenti a non sciupare quello che il Signore ha deciso di regalarci, «non diamo motivo di scandalo a nessuno» (2Cor 6,3).


Che strano! Paolo sembra voler dire ai cristiani di Corinto che, per non annullare il dono di Dio, bisogna stare attenti a non essere di inciampo a nessuno. È interessante questo avvertimento che una delle prime comunità si è sentita rivolgere! Come se prima di mettersi a fare il bene, fosse necessario verificare se quello che si vuole fare in nome di Dio, corrisponda anche al volto divino che in Gesù di Nazaret si è manifestato.


Insomma Paolo, soldato ardente del Vangelo, invita i cristiani alla «buona battaglia» (1Tm 6,12) dell’amore «più grande» (Gv 15,13), però raccomanda loro di farlo «con le armi della giustizia a destra e a sinistra» (2Cor 6,7). Egli, che ha brandito ben altre armi prima di arrendersi alla misericordia di Dio, mette in guardia i fratelli nella fede dal rischio di offrire una contro-testimonianza al Vangelo, anziché cooperare alla sua «diffusione» (Fil 1,5). Perciò li esorta a comportarsi «con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero» (2Cor 6,6), come si è comportato Gesù, che invece di fare lo sgambetto ai suoi nemici si è fatto loro servo e ha vinto la guerra contro il peccato con le armi della non violenza, mettendosi nelle mani di tutti.


Talvolta non ci accorgiamo di quanto trascuriamo di verificare se la nostra vita assume o no la forma essenziale del Vangelo: la non violenza, la rinuncia assoluta a qualsiasi forma di dominio e di aggressività nei confronti degli altri. Non è affatto una questione marginale, ma un atteggiamento da ricercare e custodire «con molta fermezza» soprattutto «nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni» (2Cor 6,4-5). Spesso in queste situazioni limite, nelle quali siamo tutti provati e stanchi, ci prendiamo delle colossali pause dai nostri impegni battesimali, invocando un time-out. E, quasi senza rendercene conto, diventiamo sale che perde il suo sapore, luce che si nasconde sotto un secchio.


Allora non servono altre parole, in aggiunta a quelle incredibilmente chiare che Gesù rivolge ai discepoli: «A chi ti vuole chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello» (Mt 5,40). Cioè: se scopri qualcuno che è entrato in casa tua e sta scappando con il televisore, tu dagli anche il lettore DVD!


Ad un certo punto questa è la sapienza più grande: smettere di opporsi, assecondare e accompagnare quella violenza che si sta riversando addosso a noi. Perché quando noi rinunciamo ad opporci al malvagio, partecipiamo all’edificazione del mondo nuovo. Il male è infatti mistero e realtà che esaurisce la sua energia mortale soltanto quando qualcuno è disposto a prenderlo su di sé senza restituirlo.


È un lavoro quotidiano. Silenzioso. Semplice.

Ciascuno ne può fare ogni giorno una parte.

Non senza l’aiuto di Dio.



Commenti

Unknown ha detto…
Carissimo Roberto,
sono sempre molto turbato quando devo affrontare il tema della violenza.
Sono assolutamente d’ accordo nella pratica della non violenza intesa come “rinuncia assoluta a qualsiasi forma di dominio e di aggressività nei confronti degli altri”. Ciò deve valere sia nel microcosmo (per es. nei rapporti sponsali), sia nel macrocosmo (per es. nei rapporti con le altre religioni. Olivier Clément ne “Il potere crocifisso” afferma che il cristiano non deve cercare la reciprocità, la simmetria nei rapporti con gli altri).
La pratica della non violenza è possibile solo se si riesce ad arginare in noi la terza concupiscenza.

Di contro, la violenza indirizzata verso di noi quale risposta deve avere? Dalla Scrittura traggo quanto segue.
1) Nelle sue lettere Paolo parla ripetutamente di “correzione fraterna”.
2) In Mt 18, 15-17.21-22 sta scritto:
<<“Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. ... Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.” >>
3) In Ez 33, 8-9 sta scritto:
“Se io dico all'empio: Empio tu morirai, e tu non parli per distoglier l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te. Ma se tu avrai ammonito l'empio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità. Tu invece sarai salvo.”

Da quanto precede mi pare di capire che alla violenza è lecito opporre le proprie ragioni. La domanda è allora: “fino a quale punto posso arrivare”? Mi chiedo se sia lecita la “legittima difesa”.
Che cosa dobbiamo pensare di Dietrich Bonhoeffer, che aveva complottato contro Hitler e che per questo è stato impiccato? Possiamo liquidare con fare sprezzante la Teologia dalla liberazione? Don Milani sbagliava quando si opponeva alla violenza dei ricchi?

Non posso certamente dimenticare Cristo che “maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.” (Is 53, 7). Cristo però è insostituibile in ordine alla redenzione “Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.” (Is 53, 5).
A chi può giovare il trionfo degli empi? Il mio sacrificio non potrebbe redimere i peccati. Questa è una prerogativa divina.

Michele