Mercoledì della VI settimana di Pasqua

Letture: At 17,15.22-18,1 / Sal 148 / Gv 16,12-15

NON CONVIENE




Talvolta quello che conviene a noi (cf Vangelo di ieri) è una buona dose di non conoscenza. Perché la verità, soprattutto quando ci riguarda personalmente, possiede inevitabilmente un peso che chiede di essere portato. A partire da questa considerazione il Signore Gesù decide di porre un freno al suo desiderio di introdurre i discepoli nel mistero della «verità tutta intera» (Gv 16,13): «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso» (Gv 16,12). Il Maestro sa bene che la sua parola, essendo buona e divina, possiede un peso specifico superiore a qualsiasi altra realtà, perché è gloriosa (gloria in ebraico significa peso!).


Nella nostra esperienza quotidiana, ci accorgiamo che non sempre conviene manifestare interamente la verità. Talvolta è opportuno dire certe ‘bugie a fin di bene’, o lasciare il silenzio su alcuni fatti, affinché non si vengano a creare preoccupazioni o inutili sospetti. Pure noi, come Gesù, nella nostra economia relazionale facciamo largo uso di questa prudenza comunicativa, convinti che non sia sempre necessario né utile dire tutto ad ogni costo.


Forse Paolo ha trascurato questo importante criterio, quando è fuggito ad Atene, in seguito alle persecuzioni e alle tribolazioni subite a Tessalònica e a Berèa. Incontrando la cultura greca, raffinata, colta e politeista, Paolo viene afferrato da un fortissimo desiderio di annunciare loro il Vangelo di Cristo. Infatti, prima del celebre discorso all’Areopàgo, Paolo «fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli» (At 17,16) e «discuteva ogni giorno con quelli che incontrava» e «annunziava Gesù e la risurrezione» agli ateniesi, persone che «non avevano passatempo più gradito che parlare e sentir parlare» (At 17,21). Quando finalmente gli viene concessa l’opportunità di illustrare la «nuova dottrina» (At 17,19) del Vangelo, Paolo fa un discorso bellissimo (cf At 17,22-31). Troppo bello, troppo audace. Quando gli ateniesi «sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: ‘Ti sentiremo su questo un’altra volta’» (At 17,32). Non spetta a noi giudicare l’efficacia pastorale dell’apostolo, che comunque riuscì ad ottenere alcune conversioni: «Alcuni aderirono a lui e divennero credenti» (At 17,34). Tra le righe delle sue lettere però è lo stesso Paolo che ci informa di come parlare con tale «sublimità di parola e di sapienza» (1Cor 2,1) sia stato probabilmente un dare le «perle ai porci», trascurando l’austero comando del Maestro Gesù (cf Mt 7,6!). Infatti, dopo essere stato ad Atene, Paolo arrivò a Corinto, dove si sviluppò una vivacissima comunità, alla quale rivolse soltanto «la parola della croce» (1Cor 1,18) presentandosi a loro non con «discorsi persuasivi di sapienza» (1Cor 2,4) ma «in debolezza e con molto timore e trepidazione» (1Cor 2,3). Insomma Paolo dopo aver volato alto ad Atene, arrivò a comprendere che al centro dell’annuncio cristiano c’è una parola dura e semplice, che può essere accolta e assimilata solo in forza di una «manifestazione dello Spirito e della sua potenza» (1Cor 2,4).


Questo criterio di assimilazione graduale e progressiva è ciò che Gesù ha cercato di spiegare ai suoi: il Vangelo si diffonde piano piano dentro di noi, conducendo la nostra libertà a comprendere e quindi a vivere la gloria dell’amore più grande.


Per questo non conviene disporre subito e totalmente della verità. Più importante è aprire ogni giorno il cuore. E vivere come quelli che ascoltano. Camminare come quelli che seguono il loro Signore nella luminosa via della croce.



Commenti

Anonimo ha detto…
Il Signore per tutto il percorso della nostra vita ha sempre da dirci, da chiederci e lo fa lentamente, sopratutto perchè sa che siamo umani e non muli forti, capaci di portare il grosso peso del loro padrone. Tuttavia la pretesa che Lui ha su ciascuno di noi (per la mia esperienza è così)è molto forte, infatti già dal primo incontro ci dice: "VA' VENDI TUTTO CIO' CHE HAI E SEGUIMI" Allora il punto è ESSERE O ESSERCI.