Lunedì della VI settimana di Pasqua

Letture: At 16,11-15 / Sal 149 / Gv 15,26-16,4


TESTIMONI DI VERITÀ


Cosa fa lo Spirito Santo, dopo che «la grazia e la verità» sono venute al mondo «per mezzo di Gesù Cristo», il Figlio che ci ha raccontato il volto di Dio Padre (cf Gv 1,17-18)? Soprattutto dopo che ogni cosa si è ormai compiuta nel mistero della Passione di Gesù (cf Gv 19,30)? Il Vangelo di oggi ci dà una risposta teorica, il racconto degli Atti un’esemplificazione storica.


Dice Gesù ai suoi discepoli: «Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza» (Gv 16,26). Lo Spirito Santo è il testimone di Gesù; la sua missione è deporre a favore della sua umile gloria, rivelando al nostro cuore e alla nostra intelligenza la qualità evangelica della croce. Se la storia è il lunghissimo processo dell’umanità contro il modo paradossale con cui il Padre ha deciso di salvare il mondo – la stoltezza della croce (cf 1Cor 1,18) – allora lo Spirito è il testimone privilegiato del Figlio, che annuncia all’umanità intera la verità e la bellezza della sua Passione.


È quanto accade a Lidia, la donna che per prima in Europa accoglie il Vangelo, quando Paolo e Sila iniziano a proclamare «la parola della croce» (1Cor 1,18). Questa donna, «commerciante di porpora, della città di Tiàtira» era «una credente in Dio» (At 16,14). Splendido e curioso particolare, che l’autore sacro si è preoccupato di precisare! La parola della predicazione attecchisce come un seme dove c’è qualcuno in ricerca della verità. Questa infatti è la miglior definizione di «credente»: una persona che ha iniziato a camminare con disponibilità verso il senso profondo di ogni cosa; una persona in ascolto.


Molte volte la nostra vita e la nostra coscienza di fede non corrispondono a questa descrizione. Trasformiamo la fede in una religione, cioè in un insieme rigido, schematico e indiscutibile di nozioni e sicurezze che non ci fa più crescere, perché non ci aiuta a leggere la storia in cui siamo immersi, nella quale si mostra a noi il mistero del Dio vivente. La fede invece dovrebbe essere quell’atteggiamento interiore che ci fa divenire ogni giorno cercatori di verità, pellegrini sulle tracce del Dio che si rivela dentro una presenza/assenza che ci illumina il cuore e, al contempo, ci restituisce alla penombra della nostra libertà.


Lidia è una donna aperta «e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). Dentro questo gioco di aperture si sprigiona la forza dello Spirito di Dio, che racconta all’uomo tutta la verità di quanto Gesù ha fatto per noi e per la nostra salvezza. Questa rivelazione struggente suscita un desiderio di testimonianza, come Gesù stesso aveva annunciato ai suoi: «Anche voi mi renderete testimonianza» (Gv 16,27). Lo Spirito Santo non si accontenta di rivelarci il mistero di Dio, ma desidera trasformarci a sua immagine in altrettanti testimoni, avvocati del Signore Gesù presso i fratelli. Così Lidia dopo aver aperto il suo cuore all’evangelo apre le porte della sua casa all’accoglienza; «Venite ad abitare nella mia casa» dice a Paolo e Sila (At 16,15). Senza paura di ciò a cui potrebbe andare incontro esponendosi pubblicamente in questo modo. Mossa soprattutto da un invincibile slancio interiore che la invita ad allargare le braccia.


Nel segno dell’amore. Nel segno della croce.


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