Ascensione del Signore

Letture: At 1,1-11 / Sal 46 / Eb 9,24-28;10,19-23 / Lc 24,46-53


PER LA LIBERTÀ


Perché il Signore Gesù dopo la sua risurrezione è asceso al cielo? È davvero motivo di «santa gioia» (cf colletta) questa sua scelta? Non era meglio rimanere quaggiù sulla terra anziché ascendere lassù nel cielo? La storia del mondo è un tale campo di battaglia... Le nostre storie personali un disordinato susseguirsi di problemi, sofferenze, difficoltà... Non poteva essere un’idea migliore fermarsi con noi più a lungo? Magari per sempre? E poi perché abbandonare la scena proprio all’apice del successo, dopo aver trionfato sul peccato e sulla morte? Sono domande semplici, quasi banali, da attraversare per arrivare a scorgere la luce e la positività dell’Ascensione.


Per la nostra libertà Cristo è asceso al cielo. Se fosse rimasto qui sarebbe stato molto difficile imparare a fare la nostra parte, il confronto con lui sarebbe stato schiacciante e paralizzante. Gesù invece, come ogni buon maestro che si rispetti, dopo aver dato l’esempio (cf Gv 13,15) e averci aperto una «via nuova e vivente» (Eb 10,20) si fa da parte e lascia fare a noi. Non ha paura della nostra inesperienza e del nostro cuore ancora duro; accetta che noi prolunghiamo nella storia la sua unica mediazione tra il cielo e la terra, tra l’invisibile Dio e gli uomini. Addirittura, nel congedarsi dai nostri occhi, ci benedice: «E, alzate le mani, benedisse i discepoli. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo» (Lc 24,50-51).


Che bella umiltà! Dio non si è tuffato nella nostra realtà perché guardando a lui dicessimo: guarda che bravo! Lo ha fatto per mostrarci che anche noi siamo capaci di amare, capaci cioè di vivere e di morire senza la paura nel cuore. Per questo dopo aver fatto la sua parte, il Signore si ritira e lascia che noi impariamo a fare la nostra.


Ora tocca a noi, raccontare al mondo e ai fratelli questo suo amore che abbiamo conosciuto. Ora tocca alla Chiesa rivelare al mondo il volto misericordioso del Padre, del Figlio e dello Spirito di Amore. Non è più il tempo di stare con il naso in su a guardare le nuvole, nell’attesa che accada qualcosa. Tutto è già accaduto e tutto deve ancora accadere! Le mani di Dio ci benedicono e ci proteggono. Le nostre, ogni giorno, possono fare altrettanto. Ciascuno di noi può essere il paradiso e la speranza per chi è accanto a lui. Con le nostre mani, con il nostro volto, con la nostra voce possiamo dire al fratello: c’è del bene in te, tu sei benedetto!


Ma è anche per la sua libertà, che Cristo è asceso al cielo. Al termine della creazione, Dio si è riposato, in attesa della nostra reazione. Anche nella ri-creazione che è la Pasqua di salvezza, il Signore compie il medesimo gesto: ascende al cielo, entra nel riposo di Dio. Gesù si ritira dopo aver compiuto il suo desiderio di essere con noi e dopo averci manifestato il suo infinito amore. Si mette da parte per essere presente a tutti in un altro modo.


A noi questa passività può suscitare irritazione e sgomento, perché nella nostra società abbiamo tutti ormai smarrito il valore della preghiera, del raccoglimento, del silenzio. La vita moderna non conosce più pause, né riposi. Ogni cosa è spinta all’eccesso, in un delirio di protagonismo e di attivismo. Viviamo nell’era in cui ha valore soltanto lo «scendere in campo», tanto per citare una metafora calcistica divenuta ormai un modo di dire anche nell’ambito politico. Non ha nessuna quotazione sul mercato il fermarsi, il pregare, il mettersi in disparte! E dentro questo iper attivismo c’è spesso molta violenza nascosta, che forza i rapporti e aggredisce la realtà, che spesso ha solo bisogno di essere accolta, guardata, custodita, non modificata.


Gesù ha il coraggio di mettersi da parte, dopo aver fatto tutto quello che doveva fare. E così dimostra di essere libero persino da se stesso, non assolutizzando il suo potere, ma ponendosi un limite. Proprio quel limite la cui trasgressione è all’origine di ogni peccato umano.


La festa dell’Ascensione ci ricorda che per vivere una autentica libertà, forse anche noi dobbiamo imparare a ritirarci. Nei rapporti che viviamo, nelle parole che diciamo, nei gesti che facciamo, dobbiamo riuscire a trovare una misura e un limite, oltre il quale non conviene andare. Se non riusciamo a darci questo limite, significa che non stiamo vivendo bene le cose che Dio ci ha affidato, perché stiamo tentando di possederle, soffocando la loro autonomia.


L’Ascensione di Gesù è una coraggiosissima presa di distanza che ci insegna un modo ben misurato di offrire la nostra vita e ci ricorda la grande responsabilità di diventare testimoni semplici e credibili dell’amore che Dio ha per noi.


Commenti

Anonimo ha detto…
Come sempre, quando ascolto il brano evangelico riguardante l’Ascensione di Gesù, in un primo momento vengo assalita da una sensazione di paura e di sconforto. Sì, perché rimanere senza il Maestro che ci guida, ci insegna, ma soprattutto ci ama, è cosa veramente difficile da accettare.
Il Signore però, nella sua bontà infinita, non ci lascia soli, ci manda il suo Spirito che darà anche a noi, creature deboli e fragili, la forza ed il coraggio di affrontare qualsiasi avversità della vita.
Bellissime e confortanti le parole che tu, fra Roberto, ci dici:”Le mani di Dio ci benedicono e ci proteggono”.
Non c’è gioia più grande per noi: Dio ci ama!

Lucia
Anonimo ha detto…
Una persona cara che esce dal mio tempo, un riferimento prezioso in cui si frappone una distanza ...
ho sempre guardato ai nuovi scenari come ad uno spazio da vivere/affrontare con coraggio attivo piuttosto che a un luogo di possibile ri-creazione nel riposo.
La tua lettura dei modi di Dio suggerisce nuovamente la pacificante ricerca dell'armonia!

"In te noi speriamo Signore,
al tuo nome e al tuo ricordo
si volge tutto il nostro desiderio"
(dalle Lodi del giorno)
Chiara 2