Settimana Santa - Martedì

Letture: Is 49,1-6 / Sal 70 / Gv 13,21-33.36-38

ODORE DI UOMINI


Dopo il tenero incontro tra i capelli di Maria e i piedi di Gesù – meraviglioso intreccio di eros e agape – ecco il discepolo amato reclinarsi «sul petto di Gesù» (Gv 13,25) per ascoltare e rivelare a noi il mistero della sua profonda commozione (cf Gv 13,21). Il cuore del Signore nella «sua ora di passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1) è una casa traboccante di profumo, un tempio di misteriose fragranze. In perfetta e fedele comunione con il Padre, il Figlio fatto carne sa bene di essere lo spazio di umanità nel quale Dio ha ormai deciso di svelare pienamente il suo volto misericordioso: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria» (Is 49,3). Gesù intuisce che l’ora della glorificazione è caratterizzata dalla libertà di poter osare l’amore «sino alla fine» (Gv 13,1): «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,6). È venuto il momento in cui il profumo dell’alleanza di Dio ha bisogno di diventare come una luce che si irradia fino a raggiungere i confini estremi della vita e della morte.


Davanti a questa espansione luminosa dell’amore ci sono due umanità al maschile che non riescono ad accogliere la gratuità del dono. Di fronte al profumo dell’Uomo autentico, rimane l’odore stagionato degli uomini, l’acerba fragranza dei discepoli.


Giuda ha ormai meditato di tradire questo Signore che sembra vedere una certa gloria nell’atto di consegnarsi nelle mani degli uomini (cf Gv 10,17-18). Gesù denuncia l’inciampo presente nel cuore di Giuda con un gesto finissimo, con il quale trasforma il tradimento in volontaria consegna: intinge un boccone e glielo porge (cf Gv 13,26). C’è poi Pietro, che rimane sconfitto dalla sua volontà di potenza: «Darò la mia vita per te!» (Gv 13,37). Risponde a lui Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte» (Gv 13,38). Il problema di Pietro è ancora più grave di quello di Giuda, perché è velato, si nasconde sotto un manto di eroico zelo. Pietro non ha ancora capito che la salvezza è lasciarsi salvare, che prima di dare occorre ricevere (cf Gv 13,8). Essere discepoli – essere cristiani! – non significa dare la vita per Dio, ma accogliere la sua vita per noi. Se in Giuda vediamo il male da cui siamo salvati, in Pietro possiamo riconoscere il bene da cui il Signore deve salvarci.


Il primo e l’ultimo dei discepoli rappresentano il maschile che inciampa davanti al femminile effondersi della carità di Dio. Il profumo di Dio che ci salva è qualcosa che non possiamo né negare (Giuda) né emulare (Pietro). È prima di tutto un dono che dobbiamo imparare a ricevere, gratuitamente, rinunciando a qualsiasi desiderio di possedere la vita o di poterne disporre pienamente. Questo è ciò che il Signore Gesù cerca di dire con la sua accondiscendenza che si fa comando («Quello che devi fare fallo, fallo al più presto», Gv 13,27) e predizione: («Non canterà il gallo, prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte» Gv 13,38). Il Maestro ci parla in anticipo del nostro peccato, affinché possiamo comprendere che esso non può mai arrestare il suo amore per noi.


L’amore di Cristo ha bisogno di effondersi proprio su questo maschile odore di falso zelo (Pietro) e di virilità ferita (Giuda). Proprio dentro la tenebra che si scandalizza, la luce di Dio ha bisogno di entrare e irradiarsi dolcemente. Questa è la salvezza: «La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno sopraffatta» (Gv 1,5).


Infatti succede una cosa dopo che le tenebre hanno provato ad inghiottire la luce. Succede che le tenebre non esistono più.


Commenti

Anonimo ha detto…
Roberto,

l’ espressione "Il cuore del Signore ... è una casa traboccante di profumo, un tempio di misteriose fragranze.", di cui fai uso nella tua meditazione, dice il fascino che promana da Cristo. E’ - il suo - un profumo discreto, dal quale è possibile essere “sedotti” (Ger 20, 7) a condizione di non far prevalere il nostro “odore maschile” (come dici più avanti).

Continuando la riflessione su questa linea che utilizza immagini umane, mi sembra utile riportare qui di seguito quanto Benedetto XVI ha scritto nel suo Messaggio per la Quaresima 2007 (1):

"l’eros fa parte del cuore stesso di Dio: l’Onnipotente attende il “sì” delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa. Nella Croce si manifesta l’eros di Dio per noi. Eros è infatti quella forza “che non permette all’amante di rimanere in se stesso, ma lo spinge a unirsi all’amato”. Quale più “folle eros” di quello che ha portato il Figlio di Dio ad unirsi a noi fino al punto di soffrire come proprie le conseguenze dei nostri delitti? ... Cristo trafitto in Croce! E’ Lui la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio, un amore in cui eros e agape, lungi dal contrapporsi, si illuminano a vicenda. ... Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione dell’eros di Dio verso l’uomo è, in realtà, l’espressione suprema della sua agape. In verità, solo l’amore in cui si uniscono il dono gratuito di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde un’ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti. ... La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui. ... Cristo “mi attira a sé” per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore."

Lasciamoci dunque amare da Dio, abbandonando qualsiasi velleità di protagonismo nel nostro rapporto con Lui. Forse si può affermare che il “femminile” è metafora del vero credente.

Saluti carissimi.

Michele

(1) http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/lent/documents/hf_ben-xvi_mes_20061121_lent-2007_it.html