Mercoledì della V settimana - Tempo di Quaresima

Letture: Dn 3,14-20.46-50.91-92.95 / Dn 3 / Gv 8,31-42

LIBERI DAVVERO


Cosa ci attende in alto, là dove i nostri occhi erano invitati a sollevarsi, secondo la suggestione offerta dalle Scritture di ieri? Ascoltando il Signore Gesù nel Vangelo e il racconto del profeta Daniele, potremmo dire senza esitazione: la libertà.

Come tutte le grandi parole che caratterizzano l’esperienza umana, la libertà si presta a molteplici interpretazioni e dà luogo a diverse sfumature di significato. Il Vangelo di Giovanni la intende soprattutto in rapporto al concetto di verità: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31). È decisamente un’accezione che potremmo definire religiosa e un po’ fuori moda! Oggi per libertà si intende soprattutto la capacità di disporre di sé e delle proprie azioni, la piena autonomia nella propria vita e nelle proprie scelte. Ma anche ai tempi di Gesù si era un po’ allergici a questo tipo di libertà. Rispondono i Giudei a Gesù: «Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: ‘Diventerete liberi?’» (Gv 8,33).


Come siamo permalosi e sciocchi! Di fronte ad una proposta seria di liberazione, ecco che tiriamo subito fuori il vestito bello e ci mettiamo in ghingheri. Non siamo disposti a riconoscerci mancanti di quella libertà interiore necessaria per rifiutare il male e per essere pronti di fronte alle occasioni di bene. Eppure la storia di ogni giorno ci informa con sufficiente tranquillità circa la nostra debolezza di fronte alla tentazione di volare basso, di omologarci al pensiero comune, di fare sconti ai valori più preziosi, di scivolare in un attimo nella logica del ‘così fan tutti!’.


Come sappiamo rispondere alle tentazioni quotidiane? Qual è la nostra reazione di fronte al suono melodioso delle seduzioni che ci accarezzano per strada, alla televisione, nell’incontro con gli altri? Come ci comportiamo quando udiamo «il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpicordo, del salterio, della zampogna e d’ogni specie di strumenti musicali»? (Dn 3,15). Forse come i tre giovani deportati in Babilonia, che osano rispondere al re Nabucodònosor: «Sappi che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci... Ma anche se non ci liberasse, sappi o re, che non serviremo mai i tuoi dèi...» (Dn 3,17-18)?


Ci lamentiamo sempre che il mondo non va bene, che le circostanze ci sono sfavorevoli. Ci illudiamo pensando e ripensando che se qualcosa attorno a noi cambiasse, allora saremmo pronti a cambiare anche noi. Forse sarebbe più semplice ed onesto riconoscere che non siamo ancora così tanto liberi di evitare il peccato, dando conferma alla sentenza solenne di Gesù: «In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato» (Gv 8,34).


La libertà che contempliamo nel Figlio dell’uomo innalzato sulla croce è molto più grande di ogni nostra immaginazione o aspirazione. È la capacità di disporre pienamente di sé, anche dentro «la fornace» delle prove e delle difficoltà della vita. Per vivere e morire in questo modo bisogna essere profondamente radicati nella «Parola» (Gv 8,31) che ci fa figli, capace di trasformare il nostro cuore «in un luogo dove soffia un vento pieni di rugiada», anche quando siamo in mezzo alle fiamme.


«Liberi davvero» (Gv 8,36)!


Commenti

Anonimo ha detto…
Carissimo Roberto, le tue affermazioni -che riporto qui di seguito-

"Non siamo disposti a riconoscerci mancanti di quella libertà interiore necessaria per rifiutare il male e per essere pronti di fronte alle occasioni di bene. Eppure la storia di ogni giorno ci informa con sufficiente tranquillità circa la nostra debolezza di fronte alla tentazione di volare basso, di omologarci al pensiero comune, di fare sconti ai valori più preziosi, di scivolare in un attimo nella logica del ‘così fan tutti!’.

Come sappiamo rispondere alle tentazioni quotidiane? Qual è la nostra reazione di fronte al suono melodioso delle seduzioni che ci accarezzano per strada, alla televisione, nell’incontro con gli altri? Come ci comportiamo quando udiamo «il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpicordo, del salterio, della zampogna e d’ogni specie di strumenti musicali»? (Dn 3,15)."

le riconosco come vere. Mi hanno subito rimandato al seguente passo della Lettera ai Romani cap. 7:

"[14] Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. [15] Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. [16] Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; [17] quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. [18] Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; [19] infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. [20] Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. [21] Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. [22] Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, [23] ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. [24] Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? [25] Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato."

Insieme all’ Apostolo non posso che confidare nell’ azione dello Spirito, perchè "Senza la tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa." (da “Veni Sancte Spiritus”).

La mia invocazione è "Sii luce all'intelletto, fiamma ardente nel cuore; sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore." (da "Veni Creator Spiritus").

Saluti carissimi.

Michele