(RI)ALZARSI

Lunedì – II settimana di Avvento

La liturgia di oggi ci propone di cominciare ad aprire il cuore alla possibilità che un grande  una grande gioia non sia una dura conquista, ma qualcosa che ci può (ancora) accadere. Per suscitare e intercettare questo sentimento, il profeta Isaia, rivolge la sua voce non ai luoghi dove tutti ci sentiremmo in diritto di sperimentare un po’ felicità, ma a quelle arsure della nostra storia che, non di rado, sembrano essere l’unico destino a cui siamo chiamati. Agli occhi del profeta, invece, il deserto diventa il luogo ideale per imparare a credere che Dio sia capace di mettere vita là non dove non ce ne sono tracce, di suscitare fecondità proprio nel luogo e nel tempo dei frutti assenti.

«Si rallegrino il deserto e la terra arida, 
esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso fiorisca; 
sì, canti con gioia e con giubilo (Is 35,1-2)

Le parole così piene di sogno e di speranza del profeta Isaia si trasformano subito in un’immagine molto concreta ed eloquente del modo con cui si può tornare ad avere gioia e speranza. L’esilio dalla pace e dalla prosperità avrà presto termine non per un intervento di Dio — quasi sempre da noi cercato e invocato come assistenzialismo — ma perché il Signore metterà nuovamente il popolo nella condizione di poter riprendere il cammino verso la sua libertà. Perché presto, là dove ora appaiono solo tenebre e nebbia, comparirà una via aperta, che ciascuno sarà in grado di percorrere con il suo proprio passo.

«Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa; 
nessun impuro la percorrerà. 
Sarà una via che il suo popolo potrà percorrere 
e gli ignoranti non si smarriranno (35,8)

Il vangelo ci mostra come questa strada nel deserto della vita vada cercata e, talvolta, persino caparbiamente creata, rimuovendo quegli ostacoli che possono ostruirne l’accesso. Nessun miracolo di Gesù è preceduto da una preparazione così accurata — e dettagliatamente narrata — come quello del paralitico rimesso in pedi dalla solidarietà dei fratelli e dalla forza della misericordia di Dio. 

Ed eccco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato,
cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. 
Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, 
salirono sul tetto e, attraverso le tegole, 
lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza (Lc 5,18-19)

Alcuni miracoli iniziano (solo) così, quando non troviamo da che parte far passare i bisogni celati agli occhi di tutti — magari un po’ anche i nostri — ai quali Dio, però, non può rimanere insensibile. Ci sono momenti in cui occorrr solo spostare qualche tegola, percorrere qualche stetta fessura alla ricerca di una luce. Proprio lì, nel cuore della nostra povertà manifesta, il Signore riconosce la forza della nostra fede e le sue mani ritrovano la libertà di fare in noi cose meravigliose. E noi scopriamo che il perdono dei peccati significa potersi finalmente alzare e rientrare nella nostra casa, senza alcuna tristezza e senza nessun rammarico. 

«Alzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua» (5,24)

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