BAU!

XX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

La montagna ci insegna che più si va in alto, più si rimane in pochi. Soli addirittura, quando la vetta da raggiungere è particolarmente ardua. Il profeta Isaia sostiene invece che sul monte del Signore le cose funzionano al contrario: la sua casa sarà capace di accogliere una moltitudine, «si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli» (Is 56,7). Dio allarga, aumenta, include. Agisce in modo radicalmente diverso da come noi tendiamo a fare. Noi che, dopo sporadiche e incostanti aperture, sappiamo chiuderci in noi stessi alla velocità della luce, quando la realtà ci fa soffrire. Dio non sa scoraggiarsi, perché il suo amore è fedele e paziente: non si stanca di invitare e attendere dentro la sua casa. 

Stran(ier)o
Questa bellissima notizia, che scalda e allarga il cuore, sembra però scontrarsi con un volto di Gesù davvero strano e insolito. Di fronte a una donna che lo chiama e lo supplica, il Maestro reagisce con una secca indifferenza: «Ma egli non le rivolse neppure una parola» (Mt 15,23). Come ha potuto, il Signore Gesù, dimenticarsi della profezia di Isaia? Come ha fatto a trascurare la promessa che la casa di Dio, un giorno, sarebbe stata aperta a tutti, anche agli stranieri? Perché Gesù si chiude in un silenzio che appare sgarbato, per non dire crudele? Davanti a un simile modo di fare, potremmo anche noi esclamare come i discepoli: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando» (15,23). Forse i discepoli volevano soprattutto risolvere l’incresciosa situazione, evitando fastidi al Maestro, ma anche a se stessi. È sempre difficile farsi carico dell’altro, dei suoi problemi e delle sue sofferenze. Il Signore tuttavia non sembra intenzionato a modificare la propria posizione. Anzi rincara la dose: «Non sono stato inviato se non alle pecore perdute della casa di Israele» (15,24). Il Maestro si mostra assolutamente indifferente tanto alle grida della donna, quanto al bisogno di tranquillità rivendicato dai discepoli. Perché? Che cosa ci rivela questa modo di fare?

Straniera
Seguendo la narrazione evangelica, scopriamo che Gesù, con il suo strano modo di porsi, sortisce l’effetto di far emergere una qualità che questa donna probabilmente ha già manifestato ai suoi occhi: la fede. Un modo di credere e di rapportarsi a lui che non si è ancora manifestato nei suoi dodici amici, nonostante il miracolo dei pani e dei pesci appena compiuto sulle sponde del lago di Galilea (cf. Mt 14,13-21). Questa donna — straniera e anonima — si rapporto a Gesù con un atteggiamento umile ma caprbiamente fiducioso. Dalla sua assenza di meriti e di diritti – è una donna pagana! – si sprigiona una irresistibile forza e una delicata libertà interiore. Ne è conferma il fatto che, di fronte alla risposta negativa, la donna non se la prende e non si scoraggia. Anzi, continua a mendicare persino quando il Signore oppone un secco rifiuto: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini» (15,26). Il desiderio di vita della donna non si lascia intimidire affatto: «È vero, Signore – disse la donna –, eppure  i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni» (15,27). Quante volte la nostra preghiera è, non solo scostante, ma anche timorosa e permalosa. Vuota di speranza già in partenza. Davanti ai silenzi e alle apparenti chiusure di Dio reagiamo stizziti e feriti, senza nemmeno avere il coraggio di discutere con il mistero della sua volontà. L’atteggiamento di Gesù nei confronti di questa donna mostra che, anche chi appartiene alle «genti» (Rm 11,13) ed è estraneo alle promesse di Israele, può intuire il disegno di Dio assai meglio di coloro che credono di averne maggiore diritto e conoscenta. Proprio questa donna, infatti, comprendeciò che san Paolo un giorno metterà per iscritto: Dio non rifiuta mai se non temporaneamente, affinché una misura più grande possa generarsi. Parlando della non accoglienza di Gesù come Cristo da parte degli ebrei, l’apostolo scrive: «Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa saeà la loro riammissione se non una vita dai morti?» (11,15). Finalmente il Signore esclama: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri» (Mt 15,28). 

Stranieri

Il Signore non ha chiesto alla donna di esibire la fede prima di fare il miracolo. Gli ha, più semplicemente, offerto la possibilità di manifestare fino in fondo la sua fame, fino formulare la più bella delle preghiere: quella fiduciosa, ostinata, libera persino dagli esiti. Guardando questa pagina di vangelo, potremmo dire che forse non è nemmeno Dio a fare i miracoli, ma il nostro desiderio e il nostro bisogno a suscitarli. L’atteggiamento del Signore Gesù valorizza questo tipo di apertura fiduciosa manifestata dalla donna straniera, che è il vero miracolo nascosto nel racconto. Non sono le buone maniere ad accendere il motore della preghiera, ma il grido della nostra fame di una vita piena, la voce della nostra indignazione di fronte al piatto vuoto che la vita talvolta ci chiede di accogliere. Dio molto spesso ascolta senza rispondere e risponde con grandi silenzio che noi siamo chiamati a percorrere e e interpretare. Il suo amore per noi è così libero e fedele, da non aver bisogno di reagire a ogni nostro gemito, di assecondare ogni nostro bisogno. Dobbiamo imparare a riconoscere nella sua apparente insensibilità alle nostre richieste il miglior aiuto per farci diventare dei figli umili e grati. In fondo, già essere vivi, poi essere amati per sempre, non può mai essere considerato un diritto acquisito. È un dono da accogliere ogni giorno con stupore e gratitudine. Proprio come sanno fare i cagnolini, che scodinzolano sotto la tavola. E poi, felici, si saziano del cibo fragrante e dell’amore che cade liberamente dalla mensa del loro padrone. Solo così — con questa ritrovata semplicità — la nostra vita può essere veramente saziata e guarita.

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