VOLONTARIO

XXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

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Che cosa è gradito a Dio? Soprattutto, cosa vuole Dio da noi? A queste domande l’antico sapiente d’Israele risponde senza metti termini, affermando che noi mortali abbiamo una mente troppo piena di preoccupazioni e facciamo ragionamenti timidi e incerti per poter rispondere a domande così grandi. C’è bisogno della sapienza che viene dall’alto, il santo Spirito per poter investigare le cose del cielo e non continuare a immaginare quelle della terra. 

«Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, 
se tu non gli avessi dato la sapienza 
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?» (Sap 9,17)

Che cosa è gradito, invece, al Signore Gesù? Non gli basta che siamo in tanti a seguirlo? Cosa vuole, in più, da noi? Il vangelo di oggi è davvero infuocato e sembra dettare costi altissimo al nostro cammino di sequela. Se si vuole andare dietro al Maestro, bisogna essere capaci di odiare (sic!) tutti gli affetti più cari e, persino, quello più pericoloso: l’amore per se stessi. Inoltre, è necessario saper portare ogni giorno il peso della propria libertà, rinunciando a caricare sempre le spalle degli altri invece che le proprie. 

«Colui che non porta la propria croce 
e non viene dietro a me, 
non può essere mio discepolo» (Lc 14,27)

Sembrano condizioni folli, impossibili, di fronte alle quali potremmo correre il rischio di sentirci solo un po’ inadeguati. La seconda parte del vangelo, in realtà, chiarisce bene il fatto che il Signore non è per nulla esigente nei nostri confronti, ma solo preveniente. Vuole evitare che ci copriamo di ridicolo e che viviamo turbati, alle prese con progetti troppo grandi rispetto alle nostre disponibilità. La sequela non è una missione impossibile, ma una chiamata possibile nella misura in cui il bene che facciamo non è forzato, ma volontario, libero da egoismo, protagonismo e da inutili dipendenze. 

«Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere,
perché Il bene che fai non sia forzato, ma volontario» (Fm 14)

Paolo invita l’amico Filemone a riaccogliere Onesimo, un suo schiavo scappato (probabilmente con dei soldi; cf. v. 18), in virtù del rapporto di amore e di fraternità che si è stabilito fra loro. Ecco cosa intende annunciare il vangelo di oggi: non dobbiamo diventare i titani che non siamo — e non dobbiamo essere — ma i figli e i fratelli in umanità che lo Spirito ci consente di essere. Se rinunciamo a tutto ma non al fuoco dello Spirito e alla libertà del vangelo, anche noi sapremo accogliere creativamente ogni situazione per scoprire che, in realtà, non c’è più nulla da perdere, ma tutto da accogliere, con la dolcezza del Signore.  

«Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come e stesso» (Fm 17)

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