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Mercoledì – I settimana di Avvento
L’immagine del monte continua a guidare i primi passi del cammino di Avvento. Questa volta però Isaia non lo indica come luogo di convegno pacifico per tutti i popoli, ma come teatro di un meraviglioso banchetto nel quale saranno preparate le cose migliori, quelle che saziano e lasciano nel cuore profonde consolazioni. Sarà soprattutto la fame dell’anima a ricevere il cibo più desiderato, perché sul monte Dio saprà finalmente rivelarsi a tutti come Padre.

In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti [...]
Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto (Is 25,6.8) 

Il Signore Gesù sembra essere animato dagli stessi sentimenti e dai medesimi progetti di cui parla il profeta, quando (proprio) su un monte permette all’umanità inferma e bisognosa di raccogliersi a attorno a lui per essere rinfrancata. Posta ai suoi piedi, di fronte al suo sguardo, la nostra umanità non può che tornare a vivere.

Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò.
Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati;
li deposero ai suoi piedi, ed egli guarì (Mt 15,29-30)

Tutto ciò basterebbe ad accendere oggi una certa luce nel nostro cuore e a ridestare la preghiera, soprattutto quella di intercessione. Ma il vangelo si spinge oltre, provocando e coinvolgendo tutta la nostra sensibilità. Intimamente toccato dal bisogno della folla, il Maestro sceglie di non preparare da solo il banchetto annunciato dal profeta Isaia. Decide di coinvolgere i discepoli nella sua «compassione» (15,32), facendo breccia nelle loro paure nascoste. 

E i discepoli gli dissero: 
«Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanto pani avete?». Dissero: «Sette e pochi pesciolini» (15,33-34)

La fine del racconto la conosciamo a memoria, il suo significato invece lo scordiamo sempre. I miracoli da compiere per Dio non sono certo un problema — che altro può fare Dio? — ma un’occasione per dirci che, laddove c’è fame e sete, il vero miracolo siamo (anche) noi. E questo miracolo può avvenire ogni volta che smettiamo di guardare con rassegnazione i nostri «pochi pesciolini» (15,34) e mettiamo quello che abbiamo e siamo, con fiducia, nelle mani del Signore. Allora la vita si divide e si moltiplica. Diventa abbondante, per noi e per tutti. Così è Avvento. Così il Signore viene.

« Tutti mangiarono a sazietà. 
Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene » (15,37)

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