QUELLI CHE ASPETTANO

Martedì – XXIX settimana del Tempo Ordinario
Le attese talvolta sono odiose, snervanti. Soprattutto quando devono giungere per interrompete i dubbi o le domande in sospeso nel nostro cuore. Spesso le attese sono addirittura estenuanti, perché svuotano la dispensa di pazienza con cui, talvolta, riusciamo a cavarcela e a fronteggiare gli imprevisti della vita. Le attese consumano e logorano. Eppure, nel vangelo di oggi, il Signore Gesù non trova metafora più adeguata per descrivere l’atteggiamento che i discepoli sono chiamati ad assumere se non quella di paragonarli a gente chiamata a fare dell’attesa un luogo di purificazione del desiderio.

«Siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze,
in modo che, quando arriva e bussa, gli aprono subito» (Lc 12,36)

In realtà, il vero problema dell’attesa non è la sua lunghezza, ma il modo con cui la viviamo. Quando Làbano chiede a Giacobbe di attendere e di lavorare per lui sette anni prima di sposare Rachele, quei giorni «gli sembrarono pochi, tanto era il suo amore per lei» (Gen 29,20). L’attesa è sofferta e pesante solo quando non è colma di dolce memoria per quanto abbiamo già sperimentato e di sicura speranza per quanto ancora potremo ricevere. Purtroppo, molte volte patiamo le attese, e ci troviamo inutilmente affannati e dispersi in tante, troppe cose. Se solo ci ricordassimo chi è Dio e chi siamo noi per lui, quanti segni di una comunione d’amore con lui e i fratelli abbiamo già avuto, forse i momenti di attesa potrebbero diventare nostri alleati e non fastidiose parentesi nella spasmodica corsa verso scampoli di felicità. 

«Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli;
in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, 
li farà mettere a tavola e passerà a servirli» (12,37)

Un Dio a nostro servizio, un Signore inginocchiato ai nostri piedi: questo è il passato, il presente e il futuro meraviglioso sul quale facciamo fatica a tenere fisso lo sguardo. Eppure non esiste altro — davvero nient’altro — che può consolare e colmare il nostro cuore, se non la realtà e la notizia di un amore così grande, disposto a dare tutto per noi. Solo un amore del genere è in grado di raggiungerci in qualsiasi fermata ci troviamo ad aspettare il prossimo autobus verso una vita finalmente piena. 

«[...] la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo,
si sono riversati in abbondanza su tutti» (Rm 5,15)

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