NOTTETEMPO

Festa dei Ss. Simone e Giuda
La festa dei santi apostoli Simone e Giuda offre alla chiesa una splendida occasione per tornare — con la memoria e con la preghiera — al cuore pulsante della sua più profonda identità e per riscoprire anche i tratti essenziali della sua indole missionaria. L’evangelista Luca ama collocare i passaggi più importanti della vita del Signore Gesù al termine di momenti di intensa e prolungata preghiera e al principio del giorno, quando la notte è ormai passata con i suoi silenzi e i suoi terrori. 

Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio.
Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici,
ai quali diede anche il nome di apostoli [...] (Lc 6,12-13)

Il mistero di queste notti che Gesù passa in preghiera — attestate anche nella vita di tutti i santi — potrebbe incuriosirci o, addirittura, inquietarci per la sua intensità e per la sua radicalità, da cui forse ci sentiamo molto distante. Ma ciò che forse vale maggiormente la pena  contemplare di queste veglie notturne non è tanto l’eroicità del gesto, quanto la disponibilità di entrare e stare nella notte per diventare capaci di chiamare, scendere, guarire l’umanità in tutte le sue latitudini esistenziali. 

Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante [...]
Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui 
usciva una forza che guariva tutti (6,17.19)

La capacità di toccare il cuore di dodici uomini, che si lasciano chiamare e attrarre dall’annuncio del Regno, e di sanare grandi folle, che si lasciano curare e liberare nel profondo, il Signore Gesù la può esercitare non grazie alla preghiera — come se la preghiera fosse un atto di convocazione dell’energia che ci manca — ma grazie alla preghiera disposta ad attraversare la notte. La notte, infatti, non è solo il tempo che separa un giorno dall’altro, ma è pure il luogo dove le differenze e le distanze tra noi si dileguano, per lasciare posto al silenzioso grido della nostra povertà che attende la luce di un riconoscimento di amore. 

«Fratelli, voi non siete più stranieri né ospiti, 
ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,19)

Riflettendo sul grande mistero della vita nuova in Cristo, Paolo prova a ricordare quanta intimità esiste tra Dio e coloro che si sono battezzati nel nome del suo Figlio, aprendosi al dono e all’azione dello Spirito. Al termine di quella notte, i dodici — e la folla — hanno smesso di essere estranei a Dio perché la loro vita è stata pienamente accolta e ascoltata dal cuore spazioso e accogliente di Cristo. Solo in Cristo esiste questa sensibilità così vera e totale di attenzione al bene e alla salvezza di ogni persona. Solo in lui, anche noi, possiamo diventare dimore aperte e ospitali, in cui Dio è accolto insieme a tutti i suoi figli.

«in (Cristo Gesù) anche voi venite edificati insieme
per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito» (2,22)

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