(IM)PARAGONABILE

Martedì – XXX settimana del Tempo Ordinario
La liturgia di oggi sembra sprigionare un corto circuito tra le letture. Il Signore Gesù e l’apostolo Paolo appaiono in disaccordo nel reciproco tentativo di illustrare il mistero del Regno e annunciare la futura gloria che attende i figli di Dio. Da parte sua, il Maestro Gesù trae spunto dalla natura e dalla realtà quotidiana per descrivere lo sviluppo del vangelo nella storia, il dipanarsi del mistero di Dio e il nostro in una misteriosa sinergia. 

«A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare?
È simile a un granello di senape [...] È simile al lievito [...]» (Lc 13,18-19.20)

Viceversa, Paolo, continuando a parlare della vita nuova dei (c)redenti nello Spirito di Dio, avverte di non essere più in grado di sottoporre ad alcun paragone l’esperienza che, nel tempo presente, viviamo come discepoli di Cristo. Quello che un giorno si dovrà rivelare in ciascuno di noi e, più in generale, nel grande scenario della creazione, è un mistero di gloria indicibile e splendido.

«Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente 
non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,18)

In realtà i due punti di vista non sono in contrapposizione, ma si compenetrano a vicenda. Mentre Gesù coglie maggiormente la continuità esistente tra il presente e il futuro, Paolo preferisce sottolineare la forte rottura che separa le circostanze in cui ci troviamo a vivere — e a patire — e la condizione futura di cui faremo esperienza quando il Padre avrà portato a compimento il nostro processo di adozione e la sua manifestazione di amore incondizionato. Un giorno che, nella speranza, possiamo già intravedere all’orizzonte.  

«Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi.
Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, 
gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Rm 8,22-23)

Molte sofferenze e gemiti che ci attraversano trovano senso solo nella prospettiva della vita eterna, cioè di quella realtà che si manifesterà pienamente quando tutto ciò che siamo — e che siamo stati — sarà immerso nel mistero della Risurrezione. Per il momento dobbiamo ammettere che a noi sembra di essere, talvolta, solo molto piccoli, come un granello, altre volte, invece, di sentirci persi e sparpagliati, come lievito dentro la farina. La parola di Dio non ci dona la fosforescenza che ci manca, per sentirci vivi, apprezzati, speciali. Visita il nostro cuore con un altro regalo: la speranza, che rende la nostra attesa ardente, ci insegna a essere perseveranti, infonde nel nostro cuore la promessa che arriverà presto il giorno in cui la nostra bocca sarà riempita «di sorriso». Non per qualche ora soltanto. Per sempre. 

«Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; 
infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? 
Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza» (8,24-25)

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