RIMANERE

Giovedì – V settimana del Tempo di Pasqua
Gli Atti degli apostoli ci raccontano l’interessante epilogo della prima lunga discussione che la chiesa ha dovuto affrontare quando i pagani cominciavano a convertirsi al vangelo, diventando membri di una comunità fino a quel momento esclusivamente giudaica. L’esito di quel difficile confronto resta un’acquisizione fondamentale per la fede cristiana, che ci ricorda l’unica vera condizione per essere in comunione con Dio e con i fratelli: rimanere fedeli alla parola di Gesù e non alle innumerevoli prescrizioni della Legge. Gli apostoli hanno potuto definire questo primo pronunciamento dogmatico” passando attraverso una sincerità con se stessi. 

«Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo
che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare?
Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro» (At 15,10-11)

Non è per nulla scontato avere un cuore libero e pacificato che rinuncia a chiedere agli altri quello che non si è capaci di pretendere da se stessi. Occorre essere passati attraverso la distruzione di ogni falsa immagine di sé e aver accettato di poter restare in un rapporto con Dio fondato sulla fedeltà del suo amore e non sui nostri meriti. Gesù non sembra voler comunicare nient’altro che questo, quando propone ai discepoli di non fare altro se non rimanere uniti a lui. 

«Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore,
come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gv 15,10)

Rimanere è un verbo statico, che può sembrare poco, eppure è l’atteggiamento più saggio da assumere di fronte a un Dio che ha già fatto tutto ciò che ci serviva per essere salvati dal peccato e dalla morte. Invece noi ogni giorno ci agitiamo e ci affanniamo inutilmente, passando il nostro tempo a caccia di indizi di amore, segni di apprezzamento. Nei momenti peggiori andiamo elemosinando anche solo un sorriso, una piccola attenzione nei nostri confronti, arrivando persino a buttarci via pur di stringere tra le mani una caparra di affetto, il calore lieve di una carezza. E ci dimentichiamo questa cosa bellissima, che può e vuole scaldarci il cuore per sempre: il Signore ha dato la sua vita per noi. Dobbiamo solo imparare a rimanere in questo amore. Ci mancano solo la pazienza e l’umiltà di restare ogni giorno nelle parole, nelle preghiere, nella liturgia della chiesa, dove questa bella notizia è celebrata, accolta e assimilata. E soprattutto ci manca il rimanere fiducioso nella realtà, nelle cose e nelle persone che incontriamo ogni giorno. Perché esattamente lì ogni lunga discussione può finire e la gioia della Pasqua si dilata allargando i confini del Regno. 

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