(R)ASSICURATI

Venerdì – IV settimana del Tempo di Pasqua
La volontà di placare la paura presente nell’animo dei discepoli sembra essere la prima intenzione che anima il discorso del Signore Gesù durante quell’ultima, drammatica notte insieme. I momenti di distacco sono sempre avvertiti dal nostro cuore come una terribile minaccia, che scatena la paura di dover rinunciare o perdere quanto appartiene ormai agli affetti più cari, alle cose aggiunte per sempre all’elenco dei “preferiti”.  

«Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. 
Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”?» (Gv 14,2)

È proprio questa la rassicurazione di cui andiamo a caccia anche noi, ogni volta che dobbiamo andare a un appuntamento importante o partecipare a un evento speciale a cui teniamo molto. Quando abbiamo il biglietto numerato in tasca, e sappiamo che il nostro posto è assicurato, anche il cuore si sente rassicurato. Siamo in pace. Altrimenti ci affanniamo e ci agitiamo continuamente vivendo male il tempo presente, con tutte le sue sollecitazioni.    

Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?».
Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. 
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (14,5-6)

La reazione di Tommaso è più che comprensibile. Non è facile viaggiare in pace quando non conosciamo la meta, abituati come siamo a impostare la destinazione d’arrivo nei nostri navigatori, sapendo in anticipo condizioni meteorologiche, orario d’arrivo e velocità di crociera consigliata. Fortunatamente il cammino verso la vita eterna è meno organizzato. Tutto sommato più semplice e avventuroso. Non è necessario conoscere in anticipo cosa e dove sarà il luogo di arrivo — e come potremmo? — ma aver ben chiaro chi è la strada: il Signore Gesù e la logica paradossale della sua croce gloriosa, dove le cose si compiono nonostante tutto e attraverso tutto. Persino passando attraverso le indesiderabili tappe del rifiuto, della condanna e della morte. Passaggi che non possono impedire alla luce della risurrezione di splendere nelle tenebre del mondo.

«Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio,
a noi è stata mandata la parola di questa salvezza
Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non hanno riconosciuto Gesù e, condannandolo,
hanno portato a compimento le voci dei Profeti che si leggono ogni sabato» (At 13,26-27)

Riconoscere Gesù come unica via al Padre non significa essere cristiani duri e puri, brandire valori e prospettive credenti per sentirci migliori degli altri o, peggio ancora, per giudicare chi non ha ancora raggiunto questo livello di fede. Al contrario, vuol dire purificare continuamente la fiducia che riponiamo in Dio attraverso il confronto con il criterio dell’incarnazione e del mistero pasquale, confrontando le nostre (spirituali) attese con il parametro della carne e della storia. Vivere così, fondati sull’unica sicurezza che la strada mai ci è tolta, ma sempre garantita dal fedele amore di Dio, significa credere non solo in Dio. Ma anche nell’umanità di Gesù. 

«Non sia turbato il vostro cuore. 
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1)

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