DALL'ALTO

Lunedì – II settimana del Tempo di Pasqua
Dopo la grande notte di Pasqua, la nostra avventura come discepoli non riparte dai privilegi del giorno, il tempo in cui la luce ha ormai preso il posto dell’oscurità. È ancora la notte il contesto in cui il desiderio e la ricerca dello Spirito devono imparare la gioia e la fatica dell’attesa. La figura di Nicodemo, oggi, ci prende per mano per insegnarci come e, soprattutto, cosa vale la pena attendere ora che Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato.

«In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, 
non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3)

La risposta di Gesù al sincero interrogativo del capo dei Giudei è tanto limpida quanto misteriosa. Se la necessità di una (ri)nascita può risultare familiare ai nostri bisogni e al nostro desiderio — così immersi in una cultura, in fondo, assai povera di reali novità — appare piuttosto difficile capire dove sia questa posizione elevata da cui ciò deve avvenire. L’obiezione di Nicodemo, infatti, è un pensiero con cui vale la pena di confrontarsi. 

«Come può nascere un uomo quando è vecchio?
Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere!» (3,4)

Forse molti di noi non possono e non devono definirsi ancora “vecchi” — sebbene il contemporaneo abuso della categoria della “giovinezza” sia piuttosto imbarazzante. Eppure tutti, senza fatica, riconosciamo quanto sia arduo modificare le cose più consolidate della nostra vita: abitudini, preferenze, atteggiamenti, vizi e virtù. Quanto sia difficile rinascere e raddrizzare la traiettoria dei nostri passi. La tentazione più ricorrente è (sempre) quella di ripensare — con illusione e nostalgia — a quei grembi (situazioni, eventi, persone) che hanno generato in noi qualche sorriso o qualche sentiero di felicità. E, ingenuamente, tentare di rientrarvi, ingenuamente. Sapendo, però, che la vita non può certo state indietro. Ma davanti. Anzi, in alto. 

Quand’ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò 
e furono colmati di Spirito Santo (At 4,31)

Se desideriamo che la novità della Pasqua metta un po’ a soqquadro anche la nostra casa, non è più tempo di pensare a qualche umano espediente per rabberciare la forma della nostra vita. “Sentire” e “capire” non sono più bisogni assoluti, per chi entra negli orizzonti della fede e nella «franchezza» dello Spirito di Dio. Per chi è disposto a risorgere con Cristo, è ormai tempo di iniziare seriamente a pregare, cioè a condividere con il cielo ogni briciola di terra che siamo e ci ritroviamo a essere. Senza rinunciare a chiedere che la mano del Signore si stenda per compiere ancora «guarigioni, segni e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù» (4,30). Sulla nostra e altrui umanità in attesa di rinascita. Dall’alto. Dallo Spirito. 

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