SBAGLIARSI

Venerdì – IV settimana del Tempo di Quaresima
Lo sguardo profondo dell’evangelista Giovanni inizia a porsi con accenti drammatici davanti al cammino di Gesù, mentre i giorni della Quaresima corrono ormai veloci verso il cuore liturgico della Settimana Santa. Il corto circuito a cui si espone la narrazione evangelica di oggi è costruito sull’apparente opposizione tra due atteggiamenti con cui il Maestro era solito porsi di fronte alla sua e alla nostra storia. 

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; 
infatti non voleva più percorrere la Giudea, 
perché i Giudei cercavano di ucciderlo (Gv 7,1) 

Non è forse tra i versetti più celebri e citati del Nuovo Testamento. Forse non appartiene a quelli che incantano immediatamente il nostro cuore, sempre in cerca di immagini spettacolari e seducenti. Eppure la notizia è piuttosto chiara: anche Gesù, ogni tanto, batteva la ritirata. Non certo per paura di morire, ma per la coscienza di non essere ancora giunto al momento di dover e poter dare la vita. Su questo punto, ci sbagliamo spesso, siamo molto ingenui, improvvisando misure e ostinazioni sproporzionate alle reali convinzioni del nostro cuore, a cui fanno seguito terribili momenti di chiusura e processi di rimozione. L’amore non si improvvisa ma si prepara, imparando a sfuggire le battaglie che non meritano di essere affrontate. Accettando che talvolta la risposta giusta da offrire sia, semplicemente: «No, grazie!». E che la volontà di Dio possa coincidere con l’umiltà di tornare sui nostri passi e cambiare strada. Solo chi sa deludere le aspettative — anche rispetto a se stessi — si espone fino in fondo alla libertà e al dramma di una vita piena. 

Alcuni abitanti di Gerusalemme: 
«Non è costui quello che cercano di uccidere?
Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla» (7,25-26)

Senza questa serena e rocciosa volontà, presto o tardi ci troviamo a indossare i panni del persecutore, quando i profeti di Dio — presenti nella storia quasi sempre nei panni dei poveri e degli ultimi — ci segnalano con la loro stessa vita che il nostro cuore si sta chiudendo nell’insensibilità dell’egoismo, diventando persino aggressivo.

«Tendiamo insidie al giusto, 
che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni;
ci rimprovera le colpe contro la legge 
e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta» (Sap 2,12)

Ma il giusto non ha timore di essere ostacolato nel suo cammino. Sa bene che la vita non può essere revocata, tolta o abbandonata, ma unicamente consegnata per amore e restituita al suo Donatore. Liberamente. Questo è il secondo tratto del volto di Cristo che risplende nel vangelo di oggi. La sua fortezza coincide con la capacità di di continuare — dopo fuga e nascondimento — a testimoniare il volto del Padre. In attesa di quell’ora che il cielo riserva a ogni figlio di Dio: il momento in cui si smette di ricevere la vita e si comincia a donarla. Senza più sbagliarsi su questo punto capitale. Senza più né credere né cedere alla logica della ritrattazione. Liberamente consegnati. 

Cercavano allora di arrestarlo, 
ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui,
perché non era ancora giunta la sua ora (Gv 7,30)

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