NON (S)FUGGIRE

Mercoledì – III settimana del Tempo di Quaresima
La dichiarazione con cui il Signore Gesù introduce le cosiddette “antitesi” del Discorso della Montagna, dopo aver proclamato la nuova legge della Beatitudini, rivela il suo atteggiamento nei confronti della Torah, la grande raccolta di norme e istruzioni donata da Dio a Israele attraverso Mosè. 

Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; 
non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento (Mt 5,17)

Il termine Legge non ha solo una valenza legislativa, poiché deriva da una radice ebraica (yrh) che significa “istruzione”, “via”, “sapienza”. L’espressione «dare (pieno) compimento» può invece significare “confermare, riportando le cose alla primitiva verità”. Il Maestro sta dunque dicendo che il suo insegnamento intende ricondurre la comprensione della Legge al suo senso originario, cioè alle esigenze più vere e profonde dell’alleanza con Dio. Già Mosè si esprimeva al popolo in questi termini, precisando un certo legame tra l’osservanza dei comandamenti e il dono della terra. 

«Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, 
perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, 
Dio dei vostri padri, sta per darvi» (Dt 4,1) 

Nel tempo di Quaresima anche noi siamo ricondotti al perenne valore della Legge e delle tradizioni che ci aiutano a tessere il filo prezioso della nostra umanità come discepoli di Cristo. La preghiera più assidua, l’esercizio della carità e il digiuno sono le pratiche con cui disponiamo il cuore a una speciale attenzione alla realtà, là dove le leggi e le norme del Signore trovano concreta possibilità di attuazione. Naturalmente, tale fedeltà non può ridursi all’abitudinaria ripetizione di gesti meccanici, con i quali rischiamo di coltivare un “io” narcisista e perfezionista. Si tratta invece di osservare tutto ciò che continuamente ci chiede di uscire dagli egoismi del nostro cuore per aderire al cuore di Dio e incontrare quello degli altri. La verifica di un simile cammino non è il raggiungimento di grandi risultati, ma l’attenzione alle piccole obbedienze quotidiane. Ai dettagli che, continuamente, sollecitano e attendono la nostra libertà. 

«Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti 
e insegnerà agli altri a fare altrettanto,
sarà considerato minimo del regno dei cieli. 
Chi invece li osserverà e li insegnerà, 
sarà considerato grande nel regno dei cieli» (Mt 5,19)

La parola di Dio, oggi, ci richiama alla bellezza delle norme e delle leggi che ci offrono una guida per orientare i nostri passi nella direzione della vita. Ascoltare, osservare, obbedire, mettere in pratica, fare anche quando il nostro sentire è contrario alla volontà, non sono atti obsoleti, superati o superabili dall’uomo emancipato e libero che cerca la felicità nel terzo millennio. Sono atti di profonda umiltà, di sano realismo, di grande coraggio da parte di uomini e donne che hanno smesso di (s)fuggire dalla complessità della vita e dalle tenebre del male. Uomini e donne che, restando figli, diventano padri e madri di vite né pavide, né smarrite.

«Ma bada a te e guardàti bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, 
non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: 
le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli» (Dt 4,9)

Commenti