COME RUGIADA

Venerdì – III settimana del Tempo di Quaresima
Suscita un certo stupore — insieme forse a un pizzico di invidia — questo appassionato scriba che sa strappare al Maestro Gesù un sincero elogio per aver saputo discutere con lui di teologia in modo saggio e illuminato. Soprattutto per aver cercato un confronto mai scontato, quello che si compie quando andiamo verso l’altro mostrando i nostri più intimi desideri, senza però nascondere tutta l’incertezza di non sapere se siamo sulla giusta strada per raggiungerli. Ripetendo le parole ascoltate da Gesù nella sua risposta, lo scriba se ne appropria, manifestando un tratto specifico del suo cuore.

«Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; 
amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza 
e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici» (Mc 12,32-33)

Aggiungendo alle parole del Maestro la considerazione che l’amore vale più di qualsiasi sacrificio, lo scriba non dice affatto una cosa ovvia. Dichiara infatti che il vero — e unico — sacrificio che il cielo attende dalla terra è l’amore. Purtroppo noi preferiamo sacrificarci più che amare, dare affetto piuttosto che riceverlo, mostrarci buoni anziché sentirci benvoluti anche quando non lo meritiamo. In realtà siamo tutti d’accordo sul fatto che l’amore sia una cosa meravigliosa (e dunque la più importante), però vorremmo che si manifestasse sempre quell’amore che porta la nostra firma e non quella degli altri, quell’amore che segnala la nostra forza e non quello in cui brilla la nostra povertà. Rendersene conto, costa un’ammissione di colpa. Almeno quella di cui siamo sempre responsabili quando tentiamo di apparire sicuri, determinati e padroni della situazione. Anziché arrenderci e accogliere la carezza della misericordia.  

«Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, 
né chiameremo più ‘dio nostro’ l’opera delle nostre mani, 
perché presso di te l’orfano trova misericordia» (Os 14,4)

Una simile confessione può sprigionarsi solo quando — finalmente — la vita ci ha strappato ogni illusione e siamo orfani di riconoscimento e perdono, quel bene immenso che le nostre mani non possono proprio darci. Allora capiamo che la felicità non consiste nel sacrificarsi, né per Dio né per gli altri, ma nel vivere di misericordia. E smettiamo di chiamare dio nostro l’opera delle nostre mani e ricominciamo a chiamare Padre nostro colui che ci dona ogni cosa e perfino se stesso. Quando il Signore ci concede di vivere questa conversione interiore, realizziamo che ci è riservato, in ogni circostanza, un posto migliore da occupare, che fa bene a noi e agli altri. Il posto della rugiada, gratuità umidità che dona refrigerio alla terra. Lacrime sparse che fanno rifiorire ciò che sembrava perduto.

Sarò come rugiada per Israele; 
fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano,
si spanderanno i suoi germogli 
e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano (14,6-7)

Commenti

adabrunason ha detto…
Bellissimo! Grazie.
Spero non ti dispiaccia se l'ho ripostato sul mio blog.http://adabrunason.blogspot.it/2015/03/come-rugiada.html