COME RUGIADA (reloaded)

Sabato – III settimana del Tempo di Quaresima
La rugiada non è solo metafora della delicata presenza di Dio, è pure immagine eloquente della nostra piccola, inceppata disponibilità ad amare. In questa condensa notturna, che la terra riceve dal cielo, si nasconde un problema che affligge anche il nostro cuore: la sua evanescenza, la sua precarietà. 

Che dvorò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda?
Il vostro amore è come una nube del mattino, 
come la rugiada che all’alba svanisce (Os 6,4)

Quando è riferita alla volontà del Signore, la rugiada è immagine di un felice presagio, la silenziosa anticipazione di un torrente di benevolenza che vuole fecondare tutta la terra e ogni terra. Riferita a noi, invece, diventa simbolo di quell’inconsistenza che, purtroppo, caratterizza molte delle nostre scelte e dei sentieri che percorriamo. Così come la rugiada all’alba tende a svanire, quando finalmente il sole penetra gli strati più bassi dell’atmosfera, così noi, dopo aver compiuto qualche atto d’amore, perdiamo la dedizione all’altro, non appena sono finite le cose che da lui possiamo ricevere e la legge dell’amore ci chiede di morire a noi stessi. Sorge allora un terribile meccanismo di difesa: iniziamo a coltivare il nostro ego, prendendo le distanze dagli altri, che diventano oggetto del nostro giudizio.

«O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, 
ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 
Digiuno due volte alla settimana e pago la decima di tutto quello che possiedo» (Lc 18,11)

Tutto diverso l’atteggiamento del pubblicano che, forse a causa del suo essere annoverato tra i peccatori manifesti secondo la mentalità dell’epoca, si pone davanti a Dio senza sentire considerare odioso il segno della sua fragilità. Anzi proprio il suo sentirsi e riconoscersi peccatore viene celebrato in una preghiera che intercetta perfettamente il cuore del Padre, perché fondata sul bisogno di essere accolto dal suo sguardo amorevole e paziente. 

«O Dio, abbi bietà di me peccatore» (18,13)

Giunti quasi a metà della Quaresima conviene chiederci con onestà in quale direzione stanno andando i nostri sforzi, le preghiere, i digiuni, i gesti di carità. Stiamo sentendo una partecipazione più profonda alla vita e alla povertà di chi ci sta accanto? Oppure ci sentiamo un po’ più buoni, guisti e diversi dagli altri? In altre parole: quale tipo di rugiada stiamo diventando? Quella che all’aurora scompare o quella che annuncia la fedeltà dell’amore vero?

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