RISPARMIARE PAROLE

Martedì – I settimana del Tempo di Quaresima
La parola che esce dal cuore del Signore è sempre «viva, efficace» (Eb 4,12). Questa straordinaria forza deriva dal fatto che quando Dio parla non esiste alcuna separazione tra ciò che egli dice e tra ciò che egli fa(rà). Le sue parole sono feconde e fruttuose perché contengono promesse autentiche, perché sono «fatti» annunciati e realizzati in anticipo, come il profeta Isaia riesce a spiegare con un’immagine di rara bellezza.

Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano 
senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, 
perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, 
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, 
senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 50,10-11)

Diversamente, noi siamo capaci di dire e poi non fare, di promettere e poi non mantenere, di sedurre senza realmente voler bene, di compiacere anziché dedicarci agli altri. Così dalla nostra bocca escono parole vane, suoni non accompagnati da alcuna forza, promesse sterili che non producono nulla. Il vangelo prescrive una cura: cominciare, anzitutto, a risparmiare parole, riducendo quello spreco di suoni che spesso crea confusione nei rapporti e introduce illusioni nell’animo. A cominciare dal rapporto più importante: quello con Dio, il Padre.

Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole.
Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno 
prima ancora che gliele chiediate (Mt 6,7-8)

Purificare la preghiera dagli eccessi verbali è scuola di pazienza e di umiltà. Ci educa a credere che molta della felicità che andiamo cercando, in realtà, ci sta già aspettando da qualche parte. Se ne avvertiamo la mancanza è solo perché le nostre vie sono ancora parecchio lontane da quelle su cui Dio cammina e desidera farci camminare. Pregare il Padre con poche parole significa imparare a rimanere umilmente di fronte al mistero della sua volontà, nell’attesa che diventi presto anche la nostra. Nella fiducia che i nostri desideri verranno ascoltati non a forza di parole, ma con parole — e silenzi — forti di speranza. Quelle sobrie, sincere, cordiali, che un figlio rivolge con naturalezza al suo babbo. Quelle che non possiamo pronunciare se non siamo anche disposti a viverle e a pagarne il prezzo in prima persona.

Se voi  infatti perdonerete agli altri le loro colpe, 
il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi;
ma se voi non perdonerete agli altri, 
neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe (6,14-15)

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