ESSERE GUARDATI

Lunedì – V settimana del Tempo Ordinario
Il (primo) racconto della creazione, di cui oggi cominciamo la lettura cursiva, è tutto scandito e, quasi, compendiato da un breve ritornello. Quasi un breve canto che l’autore sacro pone a conclusione e a sigillo di ogni atto creatore dell’Onnipotente. 

Dio vide che era cosa buona (Gen 1,4.10.12.18)

La gioia raccontata in questo testo sembra essere tutta di Dio. Non della creazione ignara dei santi sorrisi con cui è creata e, immediatamente, benedetta. Ne è consapevole il lettore, provocato a misurarsi con questo originario ottimiso di Dio davanti all’opera delle sue mani e al futto del suo desiderio. Ne siamo consapevoli noi, che oggi ascoltiamo queste parole come pagine di rivelazione, che pretendono di sostituirsi a qualsiasi tipo di pessimismo, delusione o rassegnazione, si sia venuta a creare tra i nostri occhi e il velo della realtà.

«E, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati,
dovunque udivano che egli si trovasse» (Mc 6,55)

L’evangelista Marco non ci racconta perché folle di sofferenti accorrevano da Gesù. Possiamo immaginare che i motivi per cui, ieri come oggi, si attende il conforto di una salvezza siano legati alla salute del corpo e della mente. Eppure, il confronto con la prima lettura può regalarci un’inedita riflessione. Nel disperato — forse convulso e impulsivo — movimento verso Gesù c’è, inconscio, il desiderio di ritrovare quello sguardo originario che vede e dice-bene la nostra vita. Ciò che, probabilmente, costituisce la pace profonda del cuore. 

E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze 
e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; 
e quanti lo toccavano venivano salvati (6,56)

Essere guardati è un modo molto vero e profondo di essere toccati. Non solo nel corpo, ma anche nell’anima. Là dove spesso gemiamo di nascosto. Là dove, segretamente, aspettiamo riconoscimento, dignità e amore. Beni assenti nel deserto delle nostre giornate, motivo di tante frustrazioni del nostro spirito e afflizioni del nostro corpo. Il lembo del sorriso di Dio — dopo l’incarnazione del Verbo — è accessibile a tutti coloro che si accostano a lui con fiducia. A quanti non si stancano di attendere, cercare, chiedere a Dio di guardare la nostra terra per dichiarare quanto, ai suoi occhi, resta bella e amabile. Nonostante tutto. 

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