SOPRA

10 gennaio
Volendo trarre tutte le conseguenze dal mistero dell’Incarnazione, l’apostolo Giovanni sembra non riuscire a trattenere una particolare gioia alla fine della sua indimenticabile lettera. La esprime in termini che siamo soliti utilizzare nel linguaggio sportivo, o in quello politico e militare. Raramente nell’ambito della fede. 

Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo;
e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede (1Gv 5,4) 

Il Natale del Signore nella nostra carne umana non è stato esercizio di stile o di virtù, affinché noi avessimo l’ultimo — insuperabile — parametro di perfezione con cui misurarci. Il Verbo si è lasciato “concepire” dal grembo della Vergine perché noi potessimo accedere a una nuova generazione, non vincolata dalla carne e del sangue, ma dal desiderio e dal disegno di Dio. Per quanto questo ci sia noto, dimentichiamo di considerarlo in termini di vittoria. Contro un mondo — o meglio un modo di pensare — dove l’amore è considerato vetta irraggiungibile, meta sempre distante. 

Carissimi, noi amiamo Dio perché egli ci ha amati per primo (4,19)

La nostra fede nel mistero del Natale non è una vittoria perché rappresenta la più corretta espressione teologica della rivelazione di Dio. Non si sta dalla parte dei vincitori in quanto detentori di un sapere, ma perché partecipi di una natura nuova e divina. Credere che il bimbo di Betlemme sia il vero segno di luce che manca vuol dire vincere la più terribile battaglia contro le tenebre di questo mondo: quelle che vogliono farci credere di non poter avere l’iniziativa della risposta. Quella positività che il Signore Gesù sembra assumere invece con tanta disinvoltura nella sinagoga di Nazaret. 

«Lo Spirito del Signore è sopra di me; 
per questo mi ha consacrato con l’unzione 
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18)

Le prime parole pronunciate da Gesù per vincere e amare il mondo dichiarano quello che dobbiamo credere, cioè vivere. Sopra di noi non c’è il nulla, né il caos, né l’affanno di un cielo troppo impegnato a far tutti contenti. C’è uno Spirito, eterno, immutabile, invincibile. È l’amore di un Dio contento di poter fare il primo passo. E di insegnare anche a noi a farlo. Senza più dover attendere un’occasione diversa da quella che oggi abbiamo. E siamo. 

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