INDISTRUTTIBILE

Mercoledì – II settimana del Tempo Ordinario
La conclusione del vangelo odierno proietta già il cammino di Gesù — e la nostra meditazione — verso il mistero pasquale, attraverso la sentenza di morte congiunta da parte di farisei ed erodiani. Ha appena iniziato a manifestare l’efficacia del Regno ed è già giudicato colpevole, colui che sembra così libero da non subordinare l’uomo al sabato (semmai il viceversa). Questo sfondo narrativo dà uno speciale risalto a quanto afferma l’autore della lettera agli Ebrei, riflettendo sul sacerdozio di Cristo e paragonandolo a quello del misterioso Melchisedek.

[Ora] sorge, a somiglianza di Melchisedek, un sacerdote differente, 
il quale non è diventato tale secondo una legge prescritta dagli uomini, 
ma per la potenza di una vita indistruttibile (Eb 7,15-16)

Naturalmente è proprio il mistero pasquale a fornire già un ponte tra le due letture: il Signore Gesù è potuto entrare in una vita indistruttubile proprio per essersi consegnato liberamente all’esperienza della croce. L’accostamento tra la figura dell’antico re e l’azione del Maestro nei confronti dell’uomo con la mano paralizzata accende tuttavia ulteriori luci. Lo strana figura sacerdotale del re di Salem, che incrocia il cammino di Abramo nel racconto della Genesi, viene presentata in un atteggiamento molto particolare.

[...] andò incontro ad Abramo mentre ritornava dall’avere sconfitto i re e lo benedisse;
a lui Abramo diede la decima di ogni cosa (7,1-2)

Nella Scrittura sacra, avvicinarsi e benedire esprime l’atteggiamento più distintivo della relazione di un padre verso il suo figlio. La benedizione non è, infatti, solo un gesto augurale, ma un vero e proprio atto di condivisione e di comunicazione di quanto si possiede. Con la benedizione il padre trasmette al figlio tutta la sua vita, conferendole in tal modo il sigillo di offerta e dono. Dare la vita è, in qualche modo, la figura esistenziale che anticipa il morire. Ed è proprio il destino a cui Gesù va incontro, nel momento in cui sceglie di spezzare il silenzio e l’indifferenza che circondano l’uomo dalla mano inaridita. Un atto d’amore non lascia mai la realtà com’era prima. Per questo può essere indistruttibile se sgorga da quel sangue sacerdotale che ogni essere umano ha in quanto creatura di Dio e che ogni cristiano può addirittura, consapevolmente, rivelare in quanto figlio di Dio. Quel sangue che fa la differenza ogni volta che qualcuno si avvicina e benedice chi attende solo di essere accolto, sanato e restituito alla vita. Chi è come noi. 

E guardandoli tutt’intorno con indignazione, 
rattristato per la durezza dei loro cuori,
disse all’uomo: «Tendi la mano!». 
Egli la tese e la sua mano fu guarita (Mc 3,5) 

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