ÀNCORA

Martedì – II settimana del Tempo Ordinario
Oggi la parola di Dio racchiusa nelle Scritture risponde a un pensiero che, purtroppo, riesce facilmente a intrufolarsi nelle pieghe del nostro cuore: il sospetto che Dio non si stia comportando nella maniera più giusta con noi. Come i destinatari della lettera agli Ebrei, anche noi spesso ci sentiamo un po’ trascurati e messi da parte, mentre proviamo a vivere generosamente il nostro tempo e la nostra dedizione a Dio e ai fratelli. Silenziosamente, diventiamo tristi e agitati, osservando la poca corrispondenza tra quello che diamo e quello che riceviamo, l’eterno scarto tra i sogni e la realtà. 

Fratelli, Dio non è ingiusto tanto da dimenticare il vostro lavoro 
e la carità che avete dimostrato verso il suo nome, 
con i servizi che avete reso e che tuttora rendete ai santi (Eb 6,10)

In realtà la tradizione di Israele prevede un antidoto proprio a questo sospetto di ingiustizia, capace di oscurare la gioia della «promessa» (6,17) di Dio. Si tratta del «sabato» (Mc 2,24), il momento del riposo obbligato, in cui l’uomo adopera il tempo per riscoprirsi oggetto della premura e della fedeltà del Signore. Israele ha sempre custodito con fedeltà e amore l’osservanza di questo comandamento, considerandolo uno dei punti essenziali di tutta la Legge. Il vangelo ci mostra, però, come sia possibile fraintenderne il senso, pur volendone osservarne la forma. I farisei, vedendo i discepoli raccogliere spighe nel giorno dello shabbat, si scandalizzano. Il Maestro Gesù replica prontamente rimproverando la loro colpevole memoria.  

«Il sabato è stato fatto per l’uomo 
e non l’uomo per il sabato!» (Mc 2,27)

Il sabato rappresenta la gioia del riposo e del godimento della vita. Quella speranza che la nostra cultura vincola al possesso di molti soldi e tanto potere. Il Signore Gesù afferma invece che le cose stanno esattamente al contrario. Il ristoro dell’anima e del corpo non è il destino di alcuni, ma una promessa per tutti. Il viaggio della vita non è la faticosa conquista di un posto al sole, ma il cammino verso un riposo che Dio intende offrire a tutti e a ciascuno. Non siamo schiavi in ansia di liberazione, ma «eredi» di una «promessa» (Eb 6,17). L’autore della lettera agli Ebrei descrive questa speranza come un’ancora in grado di proteggere la nostra traversata da qualsiasi agitazione o maremoto. Un grande incoraggiamento che scolpisce in noi una pace invincibile. 

«[Nella speranza] abbiamo come un’àncora sicura e salda per la nostra vita:
essa entra fino al di là del velo del santuario, dove Gesù è entrato come precursore per noi,
divenuto sommo sacerdote  per sempre secondo l’ordine di Melchisedek (Eb 6,19-20)

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