COME UN LEONE

Ferie prenatalizie – 17 dicembre
Nei nove giorni che precedono il Natale, la liturgia ci offre i testi più belli per contemplare da vicino il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. Il Vangelo di oggi, tuttavia, potrebbe risultare arido e noioso: un’interminabile successioni di nomi difficili da pronunciare, la cui storia ci risulta per lo più ignota o di scarso rilievo. La tradizione biblica ricorre volentieri alle genealogie, non tanto per stilare un dettagliato ed esatto rendiconto anagrafico, quanto per iscrivere personaggi importanti nel solco della storia di una certa famiglia o clan. Matteo, partecipe di questa sensibilità letteraria, con questa pagina densa di nomi vuole affermare che «Gesù Cristo figlio di David» (Mt 1,1), il Messia atteso «che deve venire nel mondo» (Gv 6,14), è secondo le profezie contenute nella Legge davvero «figlio di Abramo» (Mt 1,1), colui che terrà in mano «lo scettro» di Giuda e «a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli» (Gen 49,10). 

Dio è un architetto sapiente, che ha preparato lungo i secoli questa nascita «con forza e dolcezza» (canto al vangelo), piegandosi continuamente alla storia umana, con le sue luci e le sue ombre. La genealogia di Matteo non è la selezione della migliore umanità possibile, ma la successione di uomini e donne ordinari con cui a Dio ha voluto entrare in in alleanza. Alle donne straniere entrate di peso con il loro coraggio in una storia tutta al maschile è riservato un posto d’onore: Tamar (aramea che si finge prostituta per avere una discendenza dal suocero Giuda), Racab (cananea, prostituta di Gerico che ospitò gli esploratori clandestini della terra promessa), infine Rut (moabita che entra nella terra e nella stirpe di Israele con la forza dei suoi sentimenti di giustizia). La sapienza divina sa leggere bene dentro la storia umana, valorizzando quei particolari che a noi sembrano piccoli e insignificanti. Sempre il Signore riesce a cogliere dentro ogni avvenimento un germe di bene. Perché il suo amore per noi è tenace. La nostra umanità è felice “preda” della sua incondizionata passione.

Un giovane leone  è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato;
si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? (Gen 49,9)


L’invito che possiamo raccogliere dalle letture di oggi è quello di non sottovalutare nulla della trama a volte triste e informe dei nostri giorni, ma al contrario saper attendere con fiducia e pazienza la maturazione del disegno buono di Dio per noi. Anche la nostra storia — con tutte le sue luci e le sue ombre — è sacra se sappiamo guardarla con sapienza, non solo a partire dalle sue premesse, ma soprattutto in vista delle promesse che Dio ha posto nelle sue radici. Ogni centimetro della nostra avventura umana, bello o brutto, triste o felice, santo o peccatore, può diventare — attraverso l’umanità incarnata di Cristo — storia di salvezza e annuncio di speranza per gli altri.

Commenti