VOLONTARIO

Giovedì – XXXII settimana del Tempo Ordinario
Di fronte alle proposte belle e forti del vangelo, presto o tardi scatta in noi l’ansia di conoscere i tempi in cui i nostri desideri più profondi diverranno realtà, quando le parole di Dio smetteranno di essere lontane promesse per essere concreta trasformazione della nostra vita. Il Signore Gesù sfugge sapientemente da questa bramosia di sapere — cioè di controllare — il dinamismo della grazia che ci è donata, per spostare la nostra attenzione sul modo e non sul tempo in cui il regno di Dio irrompe nella nostra storia. 

I farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?».
Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione,
e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure “Eccolo là”. 
Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!» (Lc 17,20-21)

Proprio questo è il punto di conversione a cui, ogni giorno, dobbiamo avere il coraggio di volgere lo sguardo: passare dalla logica del «quando» a quella del «come». Del resto, l’invito a credere che la forma sia già sostanza non dovrebbe apparire così (e)stran(e)o a una società come la nostra tutta (con)centrata sul culto e sul valore dell’immagine. Tuttavia non si tratta semplicemente di un elogio della forma, ma piuttosto di fare attenzione alle forme estremamente ordinarie e umane con cui il vangelo vuole incarnarsi. Il “biglietto” a Filemone con cui Paolo restituisce lo schiavo Onesimo al suo legittimo padrone, attesta come l’amore di Dio possa penetrare la trama dei rapporti quotidiani, trasformando — silenziosamente — ogni logica umana in una manifestazione divina.

«Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, 
perché il bene che fa non sia forzato, ma volontario (Fm 14) 

Pur avendo l’autorità per chiedere a Filemone una scelta di generosità in forza della sua paternità spirituale nei suoi confronti, Paolo preferisce non imporre nulla al suo discepolo, ma piuttosto promuovere una decisione cordiale e libera da parte sua, domandando umilmente «in nome della carità» (v. 9). La schiavitù sociale non viene né contestata né abolita, eppure Paolo riesce a immaginare e proporre una radicale trasformazione dei rapporti che, di fronte al mistero di Cristo, sono chiamati a diventare fraterni. Con atti — non sforzi — di volontà e scelte volontarie — non servili — la logica del vangelo continua a far lievitare la farina del mondo e della storia, l’amore di Dio si incarna e si invera, il Regno si edifica. 

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