TUTTA LA VITA

Lunedì – XXXIV settimana del Tempo Ordinario
Oggi più che mai. Più che nei giorni, mesi, anni, soprattutto secoli precedenti, viviamo sparpagliati e frantumati in tante — troppe — cose. Scorrono via così molte giornate. Di corsa, tra mille impegni, su numerosi fronti, parliamo, facciamo, digitiamo. Senza più sapere esattamente dove la nostra vita sta andando. Tutta la nostra vita, perché i suoi brandelli li sappiamo bene quali traiettorie assumono ogni giorno. Una donna, nel vangelo, ci viene oggi offerta come icona da guardare con enorme, santa invidia. È povera, non offre nel tesoro del tempio quanto fanno i più abbienti. Eppure il Signore Gesù non ha occhi che per lei.

«In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti.
Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo.
Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere» (Lc 21,3-4)

La traduzione non rende ragione della bellezza dell’originale, che suona piuttosto così: «(Ella) ha gettato tutta la vita che aveva». Come il Signore Gesù sta per fare nella sua passione, questa vedova sceglie di non tenere nulla per sé: offre entrambe le monete a Dio in segno di libera e completa restituzione. La nostra radicale povertà non è un problema da risolvere, ma un luogo da cui attingere. Siamo stanchi e lacerati finché non accettiamo il fatto che la felicità non consiste nel riempire gli infiniti — e mai finiti — buchi della nostra umanità, ma nel regalarci. Tutta la vita — non una parte di noi — è la sola cosa che avevamo e abbiamo, da poter offrire. L’unico canto nuovo che può rendere diverse le nostre giornate. 

La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre.
Essi cantavano com un canto nuovo davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani.
E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila,
i redenti della terra. Essi sono coloro che seguono l’Agnello dovunque vada (Ap 14,2-3)

Il veggente di Patmos descrive proprio così la vita di coloro a cui la Pasqua di Gesù ha rinnovato la vita e il nome: come un canto nuovo.  Non come le solite cose a cui siamo abituati, non i consueti labirinti da cui non sappiamo uscire, non le medesime procedure segnate da indifferenza o egoismo che lasciano i nostri giorni così vuoti e sempre uguali a se stessi. Un canto nuovo, una vita mai sentita prima, al punto che soltanto chi vi partecipa riesce a coglierla e a gustarne la melodia. Un mondo dove, finalmente, noi ci siamo fino in fondo. Fino a tutto. 

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