NON SI IMPROVVISA

Mercoledì – XXXI settimana del Tempo Ordinario
Ogni giorno ci dedichiamo a tante cose. Innumerevoli sono i fronti nei quali siamo chiamati a frazionare pensieri e sparpagliare energie. Molte di queste cose sono in effetti necessarie, richieste dalla vita stessa e dalla cultura in cui siamo inseriti. Altre — ammettiamolo — sono la risposta a bisogni fasulli che il nostro cuore si è convinto di avere, ad aspettative che altri — non certo Dio — hanno su di noi. San Paolo ha una proposta dirompente, originale, tutta da ascoltare, per rimettere a fuoco per cosa vale la pena vivere e morire. La sua voce invita i discepoli di Cristo a dedicarsi a una cosa che rischia di restare facilmente fuori dalle nostre pianificazioni. 

«Miei cari [...] dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore» (Fil 2,12)

In realtà, il verbo «salvare» lo coniughiamo in diverse occasioni tutti i giorni, soprattutto nelle procedure con cui «registriamo» immagini, canzoni, testi sui nostri dispositivi digitali. L’esortazione dell’apostolo, però, ci fa volare più in alto. C’è qualcosa a cui conviene dedicarsi che non coincide con il salvataggio — sempre temporaneo — di qualche istantanea gioia scoperta nel viaggio della vita. Dobbiamo ricordarci di chiamare salvezza quell’attenzione estrema a una vita secondo il vangelo che — solo — può dare pace e pienezza al nostro cuore a caccia di infinite risposte.  

«Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi,
non può essere mio discepolo» (Lc 14,33)

Sembra (solo) categorico Gesù, del dire queste parole. Quasi eccessivo, nell’indicarci come necessaria una misura così radicale e lontana dalle nostre vite, sempre inclini al compromesso e alle mezze misure. Invece il Signore ci sta soltanto restituendo il punto di partenza: la rinuncia al possesso non come irraggiungibile traguardo, ma come realistica origine di nuovi passi di vita. Lui stesso — che è il vero Re e il sapiente Costruttore — si è esposto all’apparente fallimento della croce, per mostrarci che l’amore vince a mani nude e povere. È dura da ammettere, ma il cammino dei discepoli ci espone a una battaglia dove possiamo crescere e avanzare solo nella misura in cui siamo disposti a credere alla forza delle Beatitudini. Dedicarsi a questo santo combattimento è assicurare salvezza ai nostri giorni. Senza ingenuità. Perché la fede in Dio è un dono. Accade, certo. Ma non si improvvisa. 

«Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa 
e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? [...]
Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare 
se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?» (14,28.31)

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