ESSERE ACCOLTI

Venerdì – XXXI settimana del Tempo Ordinario
Talvolta è necessario un colpo d’ali, uno scatto d’audacia nei rapporti che viviamo. Siamo così tutti abituati a verificare e a progettare le cose secondo gli assi cartesiani di questo mondo, che dimentichiamo con tragica facilità quanto la «croce di Cristo» ha trasformato la direzione della nostra vita. Quanto sia altrove, non nelle «cose della terra», la fonte a cui attingere la gioia che cerchiamo, la speranza che ci manca, l’amore che non riusciamo a ricevere e offrire. 

«La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore 
il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo 
per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3,20-21)

La conversione, di cui tanto parliamo tanto — a volte troppo —, inizia sempre con un mutamento di sguardo, con la percezione di un destino donato, indipendente dai nostri sforzi e dalle nostre forze, a cui il Signore ci chiama. Solo questo fascio di luce è in grado di strapparci ai nostri labirinti di opportunismo e di possessività, nei quali tendiamo a rimanere fino a quando non siamo smascherati. 

«Un uomo ricco aveva un amministratore, 
e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi» (Lc 16,1)

Colto in castagna, il disonesto amministratore chiama a raccolta tutti i debitori del suo padrone e concede loro inattesi sconti, attirandosi così stima e simpatia. Non improvvisa scatti di volontà o azioni di cui si riconosce — onestamente — incapace. Investe invece sulle relazioni, per far diventare amici quelle persone con le quali, precedentemente, aveva costruito rapporto di dominio e di sfruttamento. 

«Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 
So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, 
ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua» (Lc 16,3-4)

È davvero singolare eppure tanto luminoso che, proprio nei momenti in cui cadiamo in basso, nel nostro cuore (ri)sorge l’intuizione che non abbiamo bisogno di possedere, né di accumulare, né di controllare, né di pianificare o progettare. Nella vita ciò che veramente conta è scoprire come e dove possiamo essere “accolti”. Perché in questo — solo in questo — c’è la felicità che cerchiamo. 

«Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, 
perché aveva agito con scaltrezza» (16,8)
Ecco perché l’amministratore è lodato. Non per la sua disonestà. Ma per la furbizia a cui riesce a dar retta proprio nel momento in cui le cose gli stanno sfuggendo di mano. È quello — sempre — il momento in cui la nostra libertà può rivelare il suo “x-factor”, la sua irriducibile capacità di intonare il canto dei pellegrini, che da questo mondo decidono di camminare verso il Padre insieme e tutti gli altri. Ormai fratelli.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!» (Sal 121,1)

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