PROSEGUIRE

Giovedì – XXX settimana del Tempo Ordinario
Forse per proteggere il Signore Gesù. Più probabilmente per allontanare la sua scomoda e profetica presenza, alcuni farisei si avvicinano al Maestro per metterlo in guardia sui possibili scenari di morte che si stanno preparando contro di lui.

«Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere» (Lc 13,31)

In forme e misure assai diverse, anche noi talvolta siamo raggiunti dallo stesso, sferzante urto d’aria. Una parola, un fatto, una disattenzione, un provvedimento o una scelta che ricade su di noi è capace di gridare al nostro cuore: “Vattene! Qui non c’è più posto per te”. Essere respinti, rifiutati, posti nel mirino di un progetto di eliminazione: esperienze che ci hanno ferito e fatto crescere. Il Signore Gesù non trema davanti a questa temibile trama. Non si lascia mettere in discussione da chi rifiuta la sua opera. Anzi, ne annuncia l’imminente realizzazione. Poi declina l’invito di andarsene, annunciando la scelta di proseguire. 

«Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, 
perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme» (13,33)

Per noi proseguire è spesso solo un’impossibile impresa, un’irrisolvibile difficoltà. Per Gesù è l’unica scelta, una necessità che si impone al suo cuore. La conclusione del vangelo apre uno straordinario squarcio sul mistero di questo cuore. Forte non solo per la quantità di amore ricevuto — quello infinito del Padre — ma anche per la capacità di non fermarsi di fronte al rifiuto e all’esclusione.

«Gerusalemme, Gerusalemme, [...] quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, 
come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto» (13,34)

Colmo della benevolenza del Padre, il cuore del Verbo incarnato ha saputo esprimere la forza e la tenacia di una madre. Incurante dei moti di autonomia e di aggressività che i suoi figli possono esprimere. Fedele alle proprie viscere di amore, dedizione e protezione. Una simile interiorità, disposta a combattere pur di non perdere la propria discendenza, non si può improvvisare. Si deve costruire senza ingenuità. Consapevoli che il nostro destino di corpi spirituali ci chiede ogni di giorno di saper combattere non solo contro

«la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze,
contro di dominatori di questo mondo tenebroso, 
contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» (Ef 6,12)

Per iniziare l’avventura della vita — che Dio ci ha donato — non serve nulla. È un dono che si avvia da sé e grazie all’amore della carne e del sangue da cui veniamo generati. Per proseguirla, invece, serve tutta la nostra libertà. Serve l’umile coraggio di iniziare ogni giorno a partire dalla consapevolezza che la vita è (anche) combattimento. Piegare le ginocchia, rivestirci di Dio e del suo armamentario, affrontare il campo di battaglia che è dentro di noi è il destino di chi ha cominciato a camminare — liberamente — verso la vita eterna. Il segno della nostra grande dignità di figli amati. 

«Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo 
e restare saldi dopo aver superato tutte le prove» (6,13)

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