DOCILITÀ

Mercoledì – XXVI settimana del Tempo Ordinario
Molte volte ci capita di manifestare desideri, propositi e intenzioni senza saper calcolare tutte le conseguenze che la loro messa in pratica potrebbe determinare. Naturalmente questa attitudine non scompare davanti a Dio. Come racconta il vangelo di oggi, dove un tale si ritrova a essere messo in discussione nel lodevole proposito di seguire il Gesù.   

«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi,
ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Lc 9,58)

Le cose non sembrano andare molto meglio nemmeno a chi, forse ancora inconsapevole di avere nel cuore il desiderio di Cristo e del suo regno, prova ad addurre ragioni per un legittimo posticipo, a data da definirsi.

«Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre» (9,59)

Un realismo simile a quello di un altro discepolo anonimo, che tenta di smorzare la radicalità delle esigenze evangeliche con una motivazione più che ragionevole, di fronte alla quale sembra addiritura sconveniente replicare.

«Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia» (9,61)

Le risposte di Gesù, invece, sono carta vetrata su queste proposte di posticipo. Sordo alle nostre ragioni, il Signore ribadisce le sue, dichiarandole prioritarie rispetto ai continui sguardi all’indietro e agli interminabili cerimoniali di congedo da ciò che è stato, del tutto simile a ciò che sarà.

«Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; 
tu invece va’ e annuncia il regno di Dio. [...]
Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro 
è adatto per il regno di Dio» (9,60.62)

Forse talvolta, il dialogo con Dio (la preghiera) ci dovrebbe insegnare a prendere le distanze dalle nostre misure, sempre così tanto — troppo — umane. E a diventare più temerari e docili nei confronti del nostro istinto di sopravvivenza, che ci spinge a nicchiare così volentieri. Il cuore di Giobbe — immerso in un ingiusto e assurdo dolore — non trova spunto per difendersi dai morsi della vita. Dal fondo dell’angoscia riesce invece a rintracciare motivi per credere che Dio è capace di operare anche quando noi non ne abbiamo consapevolezza. Persino quando noi non ci lasciamo scritturare. Come accade ai monti, paradossale paradigma di docilità. 

«Egli sposta le montagne ed esse non lo sanno» (Gb 9,5)

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