NON RINVIARE

Lunedì – XXV settimana del Tempo Ordinario
Le parole del vangelo di oggi sono meno semplici di quanto appaiono. Certo, l’immagine di una lampada che non può che essere destinata a illuminare è chiara e confortante. La sua simbologia altrettanto. Il Signore Gesù — la sua parola e la sua azione in noi — è come una luce che, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, è destinata a brillare e a essere riconosciuta. 

«Nessuno accende una lampada e la compre con un vaso o la mette sotto un letto,
ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce» (Lc 8,16)

Allora perché vengono prospettate situazioni tanto assurde, come quella di una lampada che finsce sotto un vaso, con la certezza di spegnersi? Oppure sotto un letto, con il rischio di incendiarlo? Chi di noi arriverebbe a compiere azioni tanto sconsiderate? Noi, evidentemente. E non tanto per un difetto di volontà, ma per un problema di ascolto.

Fate attenzione dunque a come ascoltate;
perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere (8,18)

L’esortazione è misteriosa e intrigante. Letteralmente risuona in questi termini: «Guardate al modo con cui ascoltate». I due sensi — quello della vista e quello dell’udito — sono chiamati a cooperare per una migliore e più autentica esperienza di obbedienza al Dio che ci parla. Gesù sembra dire che non è sufficiente ascoltare, ma è necessario gettare gli occhi dentro il nostro orecchio, per vedere e valutare a quale parola stiamo concedendo autorità di muovere — o non muovere — i passi della nostra vita.

«Non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo.
Non dire al tuo prossimo : “Va’, ripassa, te lo darò domani”, 
se tu possiedi ciò che ti chiede» (Pr 3,27-28)

Dio non ci parla solo quando ci aiuta a chiarire e approfondire le ragioni del nostro vivere o quando ci insegna le direzioni in cui possiamo compiere i nostri desideri più profondi. Lo fa, molto più frequentemente, offrendoci continue possibilità di amministrare i suoi beni secondo criteri di giustizia. E chiedendo a noi, suo corpo nel mondo, di non rinviare più a domani tutto il bene possibile oggi. Di non ascoltare più l’inganno del possesso, ma preferire la gioia della condivisione. 

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