TRAMARE

Sabato – XV settimana del Tempo Ordinario
La liturgia di oggi ci getta subito nel cuore di una delicata questione. Si tratta della nostra capacità di compiere il male, di cui il profeta Michea svela il triste funzionamento. Mentre ci fa comodo pensare che i momenti in cui azioni malvagie escono dalle nostre mani, o parole cattive dalla nostra bocca, siano improvvisi e incontrollabili raptus, o al massimo momenti di debolezza in cui la vigilanza è sotto tono, sembra che le cose non stiano affatto così.

Guai a coloro che meditano l’iniquità e tramano il male sui loro giacigli;
alla luce dell’alba lo compiono, perché in mano loro è il potere (Mi 2,1)

Il male non si improvvisa, si medita e poi all’alba — cioè — appena possibile si compie. Ciò è possibile perché tra le mani c’è sempre una dose di potere residuo, una piccola fionda di risorse e di libertà che possono prendere la brutta piega dell’odio e della violenza. Anche i farisei, di fronte al “potere” di misericordia manifestatosi nella persona di Gesù, attingono al loro potere di governo e di consiglio. 

In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire (Mt 12,14)

La buona notizia è che anche il Signore non improvvisa i suoi disegni d’amore. Li medita, li costruisce e custodisce nel suo immenso cuore. E poi, appena possibile — anzi nel momento più favorevole per noi e per la nostra salvezza — li compie con forza e dolcezza. Anche quando metterli in atto significa farci passare per la necessaria e dolorosa tappa della correzione. 

«Ecco, io medito contro questa genìa una sciagura da cui non potranno sottrarre il collo 
e non andranno più a testa alta, perché sarà un tempo di calamità (Mi 2,3)

Ma le conseguenze dolorose a cui il Signore ci espone non sono mai in vista di una sofferenza fine a se stessa o, peggio ancora, di una morte. È sempre un aumento di vita il fine a cui tende il potere di Dio. Tuttavia questo incremento non avviene mai in forme incompatibili con la mitezza, quell’atteggiamento di umile forza che rinuncia a qualsiasi forma di manipolazione pur di far fiorire nel mondo vera speranza. Di questa mitezza — sembra dirci l’evangelista Matteo — era intessuto il cuore del nostro Salvatore. Sempre desideroso di tramare — per noi e per tutti — disegni di salvezza. 

«Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce.
Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, 
finché non abbia fatto trionfare la giustizia; 
nel suo nome spereranno le nazioni» (Mt 12,19-21)  

Commenti

adabrunason ha detto…
Molto bello. Grazie.