LASCIARE TUTTO

S. Benedetto, patrono d’Europa
All’indomani del crollo dell’Impero Romano, in un mondo sconquassato da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, mentre nuovi popoli si facevano avanti e vecchi costumi decadevano, Benedetto seguì l’impulso di dedicare tutta la sua vita alla «conoscenza di Dio» (Pr 2,5), contestando la società del suo tempo e, probabilmente, assecondando una certa fisionomia personale, incline alla solitudine e al raccoglimento. I tre anni spesi come eremita a Subiaco nel Sacro Speco servirono al suo cuore per imparare a combattere contro le passioni e per scegliere irrevocabilmente di consegnarsi all’intensità di un unico desiderio profondo: soli Deo placere desiderans. Inclinando il suo orecchio all’ascolto e alla contemplazione del mistero di Dio, Benedetto divenne padre e maestro di una moltitudine di uomini e donne.

«Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole e custodirai in te i miei precetti,
tendendo il tuo orecchio alla sapienza, inclinando il tuo cuore alla prudenza [...]
allora comprenderai il timore del Signore e troverai la conoscenza di Dio» (Pr 2,1-2.5)

Benedetto fu «messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà» (Paolo VI) perché fu disposto a lasciare «tutto» (Mt 19,27) pur di custodire la presenza di Cristo, che risplende nella preghiera e si traduce nella fedeltà ai doveri quotidiani e alla carità verso i fratelli. Forse fu disposto anche a «perdonare» tutto — secondo una possibile traduzione dell’espressione in greco usata dall’apostolo Pietro — a se stesso, ai suoi fratelli. Forse anche a Dio, che sempre ha bisogno di essere da noi accolto nella sua infinita — e infinitamente altra — bellezza. 

In quel tempo, Pietro disse a Gesù: 
«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?» (Mt 19,27)

L’influsso che la sua vita e la sua opera hanno esercitato sullo sviluppo della civiltà europa è il motivo per cui i cristiani, in questo giorno, invocano la sua paternità spirituale e la sua intercessione affinché l’Europa possa ritrovare nel Vangelo l’ispirazione per una nuova unità spirituale e culturale, avvertita ormai da tutti necessaria e urgente. La speranza che la Chiesa e i cristiani di oggi possano mettersi a servizio della società contemporanea, contribuendo a far fiorire in Europa un nuovo, autentico umanesimo, deve però misurarsi con la disponibilità a non avere alcun privilegio se non quello del servizio e alcun trono di gloria se non l’altare della croce. Limpidissima — se vogliamo ascoltarla — è la risposta del Signore Gesù all’esitazione di Pietro

«In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, 
quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo 
siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele» (19,28)

La «rigenerazione del mondo» — di ogni società e di ogni cultura — passa sempre attraverso la disponibilità di uomini e donne che scelgono, liberamente e consapevolmente, di lasciare tutto e occupare l’ultimo posto per amore di Cristo, affinché la vita di tutti si possa moltiplicare «cento volte tanto». E possa diventare una «vita eterna» (Mt 19,29), quella dei figli di Dio.

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