SEGRETO

Mercoledì – VII settimana del Tempo Ordinario
All’indomani del “vangelo della perfezione”, la liturgia ci consegna una misura ridotta, ma non meno audace, come parametro per proseguire nel cammino di fede e nella sequela al Signore. Il racconto del momento drammatico e necessario in cui avviene il distacco tra Elia ed Eliseo raggiunge un culmine quando i due profeti si rivolgono parole di congedo.

Elia disse a Elisèo: «Domanda che cosa io debbo fare per te, prima che sia portato via da te».
Elisèo rispose: «Due terzi del tuo spirito siano in me» (2Re 2,9)

Non chiedere la totalità non significa necessariamente giocare al ribasso, ma accettare che la trasformazione del nostro essere in ciò che — finalmente — desideriamo non può che essere un processo lungo e impegnativo. Operato da Dio, ma affidato anche alla nostra libertà. Prima di essere rapito in cielo, infatti, Elia riconosce l’immensità della richiesta. E dichiara come ciò non possa dipendere solo dalla sua volontà di elargire questo dono. 

Egli soggiunse: «Tu pretendi una cosa difficile! 
Sia per te così, se mi vedrai quando sarò portato via da te; altrimenti non avverrà» (2,10)

Il vangelo di oggi intercetta, a un livello molto profondo, la verità di questo discorso, facendoci ascoltare il modo con cui Gesù restituisce l’arte della vita spirituale alle sue più genuine esigenze. Il rischio a cui si espongono i nostri gesti di fede è la perversone della loro intenzione. Anziché promuovere la nostra libertà di fronte a Dio, possono diventare le forme con cui noi ci incateniamo al giudizio e alle aspettative degli altri. 

«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, 
altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 6,1)

L’insegnamento è limpido. Se vogliamo che due terzi di Dio e del suo amore si riversino in noi, dobbiamo imparare a costruire con lui un rapporto autentico, mettendoci al riparo dagli occhi degli altri. Il desiderio di crescere e maturare nella fede — quindi nella vita — è il compito più nobile per cui siamo stati creati. Serve riservatezza e pudore per maturarlo e attuarlo. L’amore nasce nell’ombra, dove gli sguardi non possono rubargli l’anima e la gratuità. Dove ci siamo solo noi, guardati con fiducia e tenerezza dal Padre, fonte di ogni amore. Solo qui, in questa santa intimità, l’amore si dilata e diventa infinito. Nel segreto.

Commenti