ECCEDENZE

Natività di s. Giovanni Battista
Giovanni il Battista è l’unica santità umana — fatta eccezione per quella della vergine Maria — di cui il calendario liturgico ricorda non solo il momento della morte, ma anche il dies natalis in questo mondo. Se la figura straordinaria di colui che ha saputo «rendere testimonianza alla luce e preparare al Signore un popolo ben disposto» (cf. colletta) sarebbe giù motivo sufficiente per spiegare la singolarità di tale ricorrenza, le letture scelte per questa solennità ci permettono di andare più a fondo, indicandoci la nascita del Battista come una «meraviglia stupenda» (cf. salmo responsoriale) a cui tutta la Chiesa può volgere l’attenzione del cuore.

Condizionamenti
La narrazione evangelica di Luca, particolarmente attenta a fornire «ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi» (Lc 1,3), indugia volentieri sul momento in cui «per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio» (1,57). Nel giorno della circoncisione — l’ottavo dopo la nascita — tutti i parenti e gli amici presenti «volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa» (1,59). A questo punto, prima la madre attraverso la voce, poi il padre mediante «una tavoletta» (1,63), poiché era rimasto «muto» (1,20) per incredulità, impongono con forza un altro nome, che nessuno si aspettava: «Giovanni è il suo nome» (1,63). La diversità di significato tra i due nomi non sembra poi così rilevante: Zaccaria significa ‘Dio ricorda’, mentre Giovanni ‘Dio usa misericordia’. Ma tra i due c’è una sottile, fondamentale differenza. Il primo è un dito puntato verso il passato, alla storia di salvezza costruita da Dio lungo la storia: i suoi interventi, i suoi prodigi, la sua fedeltà. Suggerisce il criterio che il passato debba orientare il presente. Il secondo nome, focalizza l’attenzione sul presente e su ciò che il Signore, adesso, è intenzionato a fare. Promuove il criterio che il l’attualità della storia è anche libera dai suoi condizionamenti pregressi. 

Eccedenze
I due anziani genitori hanno capito bene questa distinzione e sanno che, mentre il primo nome proviene semplicemente dall’abitudine di legare la vita del figlio a quella del padre, il secondo nome porta con sé l’eccedenza di una rivelazione, la grazia di una promessa del Signore a cui era stato difficile credere, la potenza che animava la voce dei profeti nei momenti più difficili della storia di Israele: «Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19). L’assegnazione del nome nuovo si rivela subito sorprendente, sia per Zaccaria che ricomincia a parlare «benedicendo Dio» (1,64), sia per tutti coloro che «udivano» e «custodivano in cuor loro» queste cose, esclamando: «Che sarà mai questo bambino?» (1,66). Il mistero della vita annunciata e conosciuta per «nome» fin «dal seno materno» (Is 49,1) di Giovanni Battista rivela il segreto di ogni vita che nasce in questo mondo, il cui nome è «nascosto all’ombra della mano» (49,2) di Dio. Laddove noi pensiamo che l’esistenza sia drasticamente segnata dalle sue condizioni iniziali (genitoriali), il vangelo proclama invece che tra le premesse e lo sviluppo di una vita umana ci sia anche — soprattutto — discontinuità, una certa presenza di Dio che strappa il nome di una persona da ogni destino già scritto e da ogni fatalismo. La misericordia del Signore non è attributo statico della sua bontà, ma dinamismo che opera continuamente nella storia, soccorrendo le mancanze della fragilità umana e i limiti che ogni generazione porta con sé.

Novità
Nella solennità di Giovanni Battista, ogni cristiano è sollecitato a riprendere coscienza che il suo nome è chiamato a diventare meravigliosa realtà. Che non siamo solo condizionati dalla nostra storia, ma pure ricondizionati dalla grazia di Dio. La nostra storia, con tutti i suoi cicli e le sue abitudini, non è congelata in un libro già scritto, dal numero di pagine tragicamente già prefissato. Se ci apriamo all’ascolto della Parola di Dio e impariamo a vedere quanto Dio sta facendo ora per noi e con noi, possiamo scoprire che le cose grandi, in fondo, non sono ancora avvenute, che i giorni migliori li dobbiamo ancora trascorrere, che l’avventura della vita è appena iniziata. Perché per Dio «è troppo poco» farci nascere in questo mondo per essere semplicemente quello che già stava scritto, nel DNA dei nostri genitori, nei condizionamenti storici, culturali e sociali del posto in cui ci è capitato di nascere e crescere, nelle cose che (ci) sono successe. Dio desidera fare di noi — di ciascuno di noi — una «luce delle nazioni», per portare la sua salvezza «fino all’estremità della terra» (49,6). A noi — proprio a noi — oggi «è stata mandata la parola di questa salvezza» (At 13,26).

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